VIA VENETO E DINTORNI GUIDA TURISTICA ROMA INFORMAZIONI STORICHE ARTISTICHE TURISTICHE FOTO ANNA ZELLI www.annazelli.com
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via veneto e dintorni guida turistica di roma informazioni storiche artistiche turistiche foto a cura di anna zelli Guida Turistica di Roma Informazioni Storiche Artistiche Turistiche Culturali Foto di Roma Arte Cultura Novità Idee sito web di informazione culturale artistico turistica di Roma Via Veneto e dintorni (Roma) Via Veneto e dintorni, la via Vittorio Veneto, più nota come via Veneto, fa parte del rione Colonna e del rione Ludovisi, Roma, va da piazza Barberini a Porta Pinciana, la via ricorda la vittoria italiana contro gli austriaci del 1918 che pose fine alla Prima Guerra Mondiale, vi sono bellissimi palazzi e negozi di lusso, la via è celebre in tutto il mondo per il suo aspetto internazionale e mondano, per i bellissimi caffè all'aperto tra questi, il Cafè de Paris e il Doney. Via Veneto divenne famosa negli anni '50 e '60, frequentata da stelle del cinema e dai paparazzi fu resa famosa in tutto il mondo nel 1960 dal film di Federico Fellini la Dolce Vita, una satira sulla mondanità internazionale dell'epoca. La via oggi è meta solo dei turisti, mentre le stelle del cinema preferiscono la zona di piazza Navona, Campo de Fiori e la zona di Trastevere. La via Veneto fu aperta dopo l'Unità d'Italia come arteria principale del rione Ludovisi, il suo tracciato segue quello che un tempo era dei giardini della Villa Ludovisi. Qui vennero edificati alberghi e caffè famosi in tutto il mondo. Durante il periodo della Roma imperiale, questa era la zona in cui gli aristocratici romani avevano ville e giardini. I resti di questo periodo sono ancora oggi visibili negli scavi di piazza Sallustio, che deve il suo nome ai perduti giardini detti Horti Sallustiani. Dopo il Sacco di Roma, nel V secolo la zona divenne aperta campagna. Tornò in auge nel Seicento con la costruzione del Palazzo Barberini e della Villa Ludovisi, la villa è stata distrutta nel 1870, dopo che i Ludovisi dovettero vendere tutte le loro proprietà. Oggi via Veneto ha perso il suo ruolo di punto di incontro dei personaggi famosi del mondo. Le strade e gli edifici intorno a via Veneto, anche se la via è all'interno delle mura Aureliane, risalgono per la quasi totalità a dopo l'Unità d'Italia, fu centro del polo turistico di Roma tra gli anni '60 e '70, con alberghi, ristoranti, bar, agenzie di viaggio. Il percorso della via Veneto va dalla grande curva di porta Pinciana fino a piazza Barberini e a palazzo Barberini. E' una delle zone più facili da raggiungere con i mezzi pubblici, con la metro A di Roma c'è a piazza Barberini, la fermata Barberini, e vi passano anche molti autobus provenienti da tutta Roma, tra questi anche il 492, che passa per via del Tritone e percorre tutta la via Barberini fino ad arrivare a piazza della Repubblica e alla stazione Termini.
Da vedere nei
dintorni di via Veneto Da vedere a via Veneto e dintorni Fontana delle Api, tra via Veneto e piazza Barberini, rione Ludovisi e rione Colonna, Roma, è decorata con le api emblema araldico della famiglia Barberini. La Fontana delle Api è opera di Bernini, realizzata nel 1644 venne spostata da via Sistina, dove si trovava, nel 1871 perchè intralciava il traffico per quasi 50 anni è rimasta depositata nei magazzini del comune di Roma, e fu posta qui nel 1917. La fontana delle Api non di grandi dimensioni, è formata da una grande conchiglia aperta e tre grandi api, simbolo dei Barberini fanno zampillare l'acqua in una vasca sottostante, i romani l'anno ribattezzata la fontana delle mosche. La fontana delle Api venne commissionata al Bernini da Papa Urbano VIII. La fontana delle Api fu voluta dai Barberini una delle fontane minori del Bernini, dalle dimensioni modeste, quasi nascosta in un angolo tra piazza Barberini e via Veneto, non è difficile notarla, con la sua grande conchiglia aperta. La fontana rappresenta un omaggio a Papa Urbano VIII Barberini e le api sono abbastanza bruttine, atteggiate mentre bevono l'acqua. l'iscrizione posta sulla fontana suggella che l'acqua della fontana è a disposizione dei romani e degli animali. Piazza Barberini, è tra via del Tritone e via di San Basilio, fa parte del rione Trevi e del rione Colonna, Roma, la piazza insiste sull'area dell'antico tempio di Flora dea italica della Primavera, e proprio durante la primavera danzatrici discinte eseguivano danze lascive. Un tempo da qui il 13 giugno partivano i carri che festeggiavano "il trionfo delle fragole" con una processione religiosa e recanti anche la statua di Sant'Antonio, il corteo terminava a piazza della Rotonda, davanti al Pantheon, con offerte di frutta ai presenti. è una delle piazze importanti e belle di Roma,qui Un tempo nel giardino dell'attuale Palazzo Barberini vi era un Tempio dedicato a Giove, Giunone e Minerva, fatto erigere da Numa Pompilio chiamato dai romani vetus Capitolium, "vecchio Campidoglio", la piazza si chiamò anche Grimana per la presenza di una vigna e di una casa di proprietà del patriarca di Aquileia, cardinale Grimani, all'angolo di via degli Avignonesi vi è una lapide che ricorda la "zona detta Grimana". La vigna venne comperata da Papa Sisto V una parte servì per aprire la via Felice, mentre il resto della vigna venne venduto a privati a scopo edilizio. Nel 1625 la piazza si chiamò Sforza a Capo le Case, per la presenza di proprietà degli Sforza che comprendevano anche la villa del Cardinal Rodolfo Pio da Carpi, poi i terreni e la villa Carpi vennero acquistati dai Barberini i quali vi fecero erigere il palazzo che ancora oggi si vede e che diede il nome definitivo alla piazza, già nel 1640 la zona era denominata dei Barberini. La piazza ebbe un uso abbastanza lugubre in passato, se si rinveniva il cadavere di una persona sfigurata, questa veniva posta in sosta nella piazza, mentre un banditore invitava i romani a riconoscere la salma, dopo di che veniva trasportata altrove. Questo incarico venne poi assunto dalla Compagnia della Buona Morte e da altre Confraternite. finchè nel XVIII secolo questa pratica cessò. Piazza Barberini nell'800 era preferita dagli artisti e dagli stranieri, era sede di pittori e scultori che qui avevano le loro case, perchè era un misto di città e di campagna, greggi di pecore e capre pascolavano sul prato intorno alla fontana del Tritone, poi si trasferirono nella via Margutta. Un tempo la piazza Barberini era chiusa da un grande arco detto "il portonaccio", oggi al suo posto c'è la via Barberini, da questo antico arco si accedeva al Teatro Barberini eretto dal Bernini nel 1634 era un teatro di corte che poteva ospitare fino a 2000 persone, restò attivo fino al 1873 .l'antico teatro, oggi, è ricordato dall'attuale cinema Barberini. Fontana del Tritone, piazza Barberini, rione Ludovisi e rione Colonna, Roma, opera del Bernini prende il nome dal gruppo marmoreo del dio Tritone, dio del mare La fontana del Tritone, opera del Bernini fu voluta da papa Barberini, si erge al centro di piazza Barberini, quattro delfini sostengono una grande conchiglia aperta, sopra la quale un tritone suona un chiocciola marina dalla quale esce lo zampillo dell'acqua che ricade sulla sottostante vasca, sulla fontana ci sono le api simbolo dei Barberini. Intrecciati artisticamente alle code dei delfini ci sono la tiara papale, le chiavi di San Pietro, e lo stemma dei Barberini.La fontana risale al 1640 simbolo del barocco romano che naturalmente si inserisce in modo elegante nel contesto urbano. Una copia del Tritone del Bernini si trova in Germania, in una piazza di Norimberga. Circo di Flora, scomparso era nell'area di piazza Barberini, rione Trevi e rione Colonna, Roma, dove si celebravano i Ludi Floreali in onore dell'avvento della Primavera, che si concludevano con la danza di donne nude che mimavano i gesti dell'amore. Il Circo di Flora, (scomparso) agli horti Sallustiani, si deve al nipote di Caio Sallustio Crispo che ebbe in eredità nel 34 a.C. questi giardini dallo zio dal quale ne ereditò anche il nome. Il ragazzo divenne ben presto bravo amministratore e persona influente alla corte dell'imperatore Augusto. Muore nel 20 d.C. sotto il regno di Tiberio e non avendo figli lascò il suo patrimonio allo Stato romano, inclusi i vasti giardini detti Sallustiani. Si sa dalla "Storia Romana" di Dione Cassio, che Vespasiano e Nerva abitarono i palazzi che erano in questi giardini preferendoli a quelli del Palatino. Anche Aureliano preferì i giardini Sallustiani e i giardini di Domizia, e proprio nei giardini Sallustiani edificò un portico dove ogni giorno si allenava con i suoi cavalli, dopo Aureliano gli horti Sallustiani caddero in disuso e furono definitivamente devastati e incendiati dalle orde di Alarico nel 410. Non è certa la presenza di un circo in questa zona, presumibilmente si pensa che fosse tra il colle Quirinale e il Pincio, unica testimonianza dei muri enormi a margine della vallata con terrazze e stanze poste a livelli diversi di età augustea con aggiunte in laterizio di epoche successive e un obelisco portato qui probabilmente da Nerone come si desume dalle "Res Gestae" di Marcellino. Vedi Circo di Flora. Tempio di Giove, Giunone e Minerva, scomparso, era nell'area di piazza Barberini, rione Trevi e rione Colonna, tempio dedicato a Giove, Giunone e Minerva, fatto erigere da Numa Pompilio chiamato dai romani vetus Capitolium, "vecchio Campidoglio". Teatro Barberini, scomparso, era a piazza Barberini, rione Trevi e rione Colonna, Roma, oggi sostituito e ricordato dal cinema Barberini, eretto dal Bernini nel 1634 era un teatro di corte che poteva ospitare fino a 2000 persone, restò attivo fino al 1873. Cinema Barberini, piazza Barberini, rione Trevi e rione Colonna, Roma, oggi è una multisala, qui nel 1935 venne invitato ad una serata di gala Walt Disney accolto dal direttore generale della cinematografia Luigi Freddi e dal ministro della stampa e della propaganda fascista Galeazzo Ciano per dare un nuovo impulso cinematografico alla animazione italiana dei cartoni animati. Gli Hotel di via Veneto e dintorni, rione Ludovisi e rione Colonna, rione Trevi, Roma, Hotel Majestic, via Veneto 54, progettato nel 1896 da Gaetano Koch. Hotel Ambasciatori, via Veneto 70 costruito su un progetto iniziale dell'architetto Busiri Vici e terminato nel 1925 da Marcello Piacentini che si avvalse della collaborazione di Emilio Vogt, è caratteristica la fontana abbeveratoio per i cavalli posta vicino all'ingresso. Hotel Regina Carlton,via Veneto 72, costruito su progetto di Giulio Podesti nel 1892. Hotel Excelsior, via Veneto 125 realizzato tra il 1905 e il 1908 su progetto di Otto Maraino, in seguito ampliato e ristrutturato. Hotel Flora, via Veneto 191, rione Colonna e rione Ludovisi, Roma, fu fatto costruire da una famiglia di albergatori i Signorini su un progetto al quale partecipò l'architetto Busiri Vici, fu ristrutturato più volte. Hotel Palace, via Veneto 62, che oggi non è più un albergo, fu costruito nel 1902 su progetto di Carlo Busiri Vici attualmente è una dependance della Ambasciata degli Stati Uniti e sede dell'Usis. Hotel Balestra è a via Veneto 62., Hotel Bristol scomparso, oggi al suo posto c'è l'Hotel Bernini: a piazza Barberini, rione Trevi e rione Colonna, Roma, era al posto dell'attuale albergo edificato nel 1865 dall'architetto Francesco Azzurri in stile neoclassico, sostituito nel 1943 dall'attuale Hotel Bernini opera dell'architetto Ernesto Rossi. Hotel Bernini, a piazza Barberini, rione Trevi rione Colonna Roma, è al posto dello scomparso hotel Bristol. I Caffe di Via Veneto, a via Veneto, rione Colonna e rione Ludovisi, Roma, i più famosi sono il Caffè de Paris e il Caffè Doney. Palazzo Sforza, scomparso, era sulla via Barberini, rione Colonna e rione Trevi, Roma, non esiste più al suo posto sorge il palazzo Barberini il cui ingresso è su via delle Quattro Fontane. Via delle Quattro Fontane, Via delle Quattro Fontane, fa parte dei Rione Monti, Rione Trevi e Rione Castro Pretorio, Roma, va da piazza Barberini a via Nazionale, la via ripercorre l'antico "Malum Punicum" della IV Regione Augustea, dalla piazza Barberini, sale per incrociare ai lati via XX Settembre e via del Quirinale per poi ridiscendere verso via Nazionale. Sulla sommità della via, vi sono 4 fontane addossate ai quattro angoli, che hanno dato il nome alla attuale strada. Al numero 159 vi abitò Gabriele D'Annunzio con la moglie Maria Hardouin ed il figlio Mario, Gabriellino e Veniero. Vedi via delle Quattro Fontane. Palazzo Barberini, è a via delle Quattro Fontane, fa parte del rione Monti, rione Trevi e rione Castro Pretorio, Roma. Il palazzo Barberini risale al XVII secolo, edificato per la potente famiglia romana e per il papa Barberini, qui Pietro da Cortona lavorò allo spettacolare affresco del soffitto"il Trionfo della Divina Provvidenza" eseguito tra il 1633 e il 1639. Il palazzo Barberini fu costruito da Carlo Maderno e da Francesco Borromini nel periodo 1625-1633 ampliando nelle forme del primo Barocco romano il precedente edificio della famiglia Sforza creando una struttura caratterizzata da uno enorme e scenografico atrio a forma di ninfeo che si trova fra il loggiato d'ingresso e il giardino retrostante. Alla morte di Carlo Maderno i lavori passano nel 1629 alla direzione del Bernini coadiuvato dal Borromini, notevole è lo scalone elicoidale del Bernini. Il salone del piano nobile fu decorato tra il 1633ed il 1639 da Pietro da Cortona con un affresco che raffigura Il trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di papa Urbano VIII Barberini: si nota la potente prospettiva di ispirazione melozziana, da sotto in su. Allo stesso pittore e ai suoi aiuti si devono anche alcuni affreschi nella cappella. Altre sale sono state decorate, tra gli altri, da Andrea Sacchi e Giovan Francesco Romanelli. Dopo la seconda guerra mondiale il palazzo è stato acquisito dallo Stato Italiano, fu qui che venne fondato il Partito Socialista Democratico alla guida di Giuseppe Saragat a quel tempo Presidente dell'Assemblea Costituente, in ricordo vi è una lapide sulla facciata del palazzo. Oggi il palazzo ospita un Museo : la Galleria Nazionale di Arte Antica. L'ingresso di Palazzo Barberini è su via delle Quattro Fontane, la cancellata fu progettata dall'architetto Azzurri nel 1848 e realizzata nel 1865, con i grandi telamoni scolpiti da Adamo Tadolini. La facciata è formata da sette campate che si ripetono su tre piani di arcate sostenute da colonne rappresentanti i tre stili classici, il dorico, lo ionico e il corinzio. Attraverso le arcate più basse si accede al piano terra e si entra in un atrio di forma ellittica fiancheggiato da due scale nei lati e nel quale, centralmente si apre una scala che porta ai giardini, posti ad un livello più alto del piano terra. Giardini di Palazzo Barberini, via della Quattro Fontane, Rione Monti, Rione Trevi e Rione Castro Pretorio, Roma,in origine si trattava di un vero e proprio parco, che comprendeva anche i terreni lungo la strada Pia oggi via XX Settembre, fino alla attuale via di San Nicola da Tolentino, i terreni vennero espropriati dopo l'Unità d'Italia, per l'urbanizzazione della zona e per l'edificazione dei Ministeri e dei nuovi palazzi in stile Umbertino. Vi sono sia un giardino all'italiana che un giardino segreto ed ospitava animali esotici come struzzi e cammelli e venne edificata "la casina di sughero". Alla fine del Settecento vi furono piantati alberi ad alto fusto. Nel 1875 lungo la rampa delle carrozze fu costruita la grande serra. Durante gli scavi del 1936 per la costruzione ad opera degli architetti Giovannoni e Piacentini, della palazzina Savorgnan di Brazzà posta alle spalle della casina di venne rinvenuto un Mitreo di II secolo. Oggi il palazzo ospita il Museo della Galleria di Arte Antica. Il complesso del palazzo Barberini risale al 1625, quando i Barberini acquistarono dagli Sforza la loro villa al Quirinale ed i terreni circostanti che venne inglobata nel nuovo palazzo progettato da Carlo Maderno e Gianlorenzo Bernini, i giardini seicenteschi si estendevano prevalentemente sul retro fino al muro di cinta che allora dava sulla via Pia. Sulla pianta del Falda del 1676 si distinguno due zone, un giardino grande ed un giardino di sopra sistemati all'italiana con aiuole squadrate delimitate da basse siepi. Sul lato ovest c'erano i giardini detti selvaggi, perché coltivati con piante ad alto fusto e alberi da frutto, come aranci, cedri, limoni, provenienti dalla Spagna. Tra le altre specie botaniche vi erano anche anemoni, giacinti, rose e diversi bulbi da fiore. Le cronache dell'epoca riferiscono che qui vi erano anche animali esotici come struzzi e cammelli allevati nel parco. Particolarmente attento alla sistemazione del giardino era il cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII che aveva tra i suoi consiglieri l'esperto in botanica tale Cassiano dal Pozzo, per il quale il giardino era anche uno spazio di riflessione filosofica sul rapporto tra l'uomo e la natura. Il cardinale aveva anche una corrispondenza epistolare con lo studioso provenzale Peirese che gli forniva informazioni sulle piante rare come il gelsomino giallo indiano e l'arancio di Lisbona degli quali gli vennero inviati degli esemplari. Il cardinale fece costruire tra il 1673 e il 1679 la rampa di accesso sul retro del palazzo che consentiva l'ingresso delle carrozze provenienti dall'atrio porticato. Negli stessi anni venne realizzato il ponte ruinante, forse opera del Bernini che collegava al giardino alcuni ambienti di rappresentanza del piano nobile del palazzo. Alla fine del Settecento i giardini vennero ulteriormente modificati, e vennero disposte alcune statue antiche tra gli alberi ad alto fusto. Sempre in questo periodo venne eretta la "Casina di Sughero". L'attuale sistemazione del giardino si deve in gran parte a Giovanni Mazzoni che nel 1867 divenne il giardiniere della famiglia Barberini. Nel 1875 fu costruita la serra in vetro e ferro sulla cui parete esterna è stata sistemata una raccolta lapidaria. Nel 1936 venne costruita la villa Savorgnan di Brazzà che poi venne acquistata dallo Stato Italiano nel 1972e che interruppe la lunga prospettiva del palazzo voluta dal cardinale Francesco Barberini e che culmina con la statua di Apollo citaredo. La sultura è composta da un torso marmoreo di epoca romana integrato con le altri parti anatomiche nel 1679 da Giuseppe Giorgetti e Lorenzo Ottoni. Fontana Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane 13, Rione Monti, Rione Trevi e Rione Castro Pretorio, Roma, è una bella fontana che si trova all'ingresso del palazzo. Fontana Ninfeo Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane 13, Rione Monti, Rione Trevi e Rione Castro Pretorio, Roma, si trova sulla parte retrostante, salendo per una cordonata in cima si trova questo bellissimo ninfeo. Scalone e scale di Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane 13, Rione Monti, Rione Trevi e Rione Castro Pretorio, Roma, la scala elicoidale è opera del Bernini. Statua Alberto Thorwaldsen, ai giardini di Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane 13, Rione Monti, Rione Trevi e Rione Castro Pretorio, Roma, dedicata ad Albert Thorvaldsen nato nel 1770 e morto nel 1844, meglio noto come Bertel Thorvaldsen, è uno degli esponenti di spicco della scultura neoclassica europea. Museo Barberini collezione e Galleria Nazionale di Arte Antica, via delle Quattro Fontane 13, Rione Monti, Rione Trevi e Rione Castro Pretorio, Roma, fu fondata nel 1895 per raccogliere opere provenienti da diverse collezioni private e dal Monte di Pietà. Il museo ospita tra le altre, opere di: Caravaggio: Giuditta che taglia la testa a Oloferne, anni 1597-1600; Narciso, 1598-1599; San Francesco, 1606 , le opere di El Greco: Adorazione dei Pastori; Battesimo di Cristo 1546-1548 , le opere di Hans Holbein il Giovane: Ritratto di Enrico VIII, 1540 , le opere di Filippo Lippi: Madonna col Bambino, 1437 , le opere del Tintoretto: Cristo e l'Adultera, 1546-1548 , opere di Tiziano: Venere e Adone, 1553-1554, opere di Raffaello: La Fornarina, 1520 e di moltissimi altri artisti. Via Barberini, va da Largo di Santa Susanna a piazza Barberini, rione Trevi e rione Colonna, Roma, la via prima dell'8 Settembre 1943, era dedicata alla Regina Elena, poi nel 1945 venne intitolata a Giovanni Amendola, e successivamente prese il nome attuale, più aderente alla realtà storica della zona, Vicolo Barberini, è sulla piazza Barberini, è un vicolo senza uscita, rione Trevi, prima si chiamava vicolo della Catena, poi vicolo delle Colonnette de Barberini ad indicare le colonnette collegate ad una catena che dal '400 al '700 si usavano per delimitare le proprietà davanti ai palazzi Barberini. Il vicolo Barberini ospitò lo studio del Thorvwaldsen che qui ricevette Papa Leone XII in visita al monumento a Pio VII commissionato al celebre scultore. Via San Nicola da Tolentino, la via va da piazza Barberini a via di Santa Susanna, la salita di via San Nicola da Tolentino va da via di San Basilio a via Venti Settembre, fanno parte del rione Trevi e del rione Sallustiano, Roma, il nome San Nicola da Tolentino deriva da una chiesa dedicata a questo santo che è sulla salita e intorno alla quale sorse per merito di Papa Sisto V il quartiere. La salita era fino al 1916 solo un vicolo fangoso con un fienile, e da qui un tempo attraverso il clivus Salutis si accedeva alla Porta Salutaris. Chiesa di San Nicola da Tolentino, salita di via San Nicola da Tolentino, rione Trevi e rione Sallustiano, Roma, fu edificata alla fine del 1599 dagli Agostiniani Scalzi e riedificata a 50 anni di distanza, a spese della famiglia Pamphili fu ricostruita dall'Algardi su disegno di Baratta, mentre la facciata fu realizzata da Francesco Buzio nel 1670. L’altare maggiore e tutti gli altri altari della chiesa sono opera di Alessandro Algardi sopra l’altare, in una nicchia, vi è un gruppo di statue raffiguranti la Visione di San Nicola da Tolentino con la Vergine, Santanta Agostino e S. Monica. La cappella Gavotti è opera di Pietro da Cortona, con statue di Antonio Raggi ed Ercole Ferrata. Nella prima cappella a sinistra è riprodotto il Santo Sepolcro di Gerusalemme. La seconda cappella di destra ospita il monumento funebre del cardinale Aghagianian. Nell’annesso convento, dopo gli Agostiniani scalzi, vi dimorarono le monache dette Battistine; oggi vi risiede il Pontificio Collegio Armeno, nel cui rito è officiata la chiesa. Lapidi alla Chiesa di San Nicola da Tolentino, salita di via San Nicola da Tolentino, rione Trevi, Roma, una è addossata al collegio, mentre sulla piazza a sinistra della chiesa, si erge un khachkar che in armeno, che significa "croce di pietra", è un cippo funerario scolpito che si trova tipicamente in Armenia, e che qui commemora il genocidio del popolo armeno. Un'altra analoga stele, ma più antica, si trova nel chiostro interno del collegio. Una targa marmorea è stata apposta nel 2006 dal Comune di Roma a ricordo delle vittime del Metz Yeghern, vittime del genocidio del popolo Armeno avvenuto in Turchia durante la Prima Guerra Mondiale e del quale nessuno stato Europeo a quel tempo si indignò, nessuno dei colpevoli venne condannato e che dato il silenzio generale che ci fu sulla strage degli Armeni, Hitler reputò normale dare l'avvio al genocidio degli ebrei. Via di San Basilio, va da piazza Barberini a via Leonida Bissolati, fa parte del rione Trevi e del rione Ludovisi, Roma, prende il nome dalla chiesa dedicata a San Basilio, santo fondatore dell'Ordine Basiliano. Chiesa di San Basilio, via di San Basilio, rione Trevi e rione Ludovisi, Roma, si tratta di una piccola chiesa edificata dall'abate Apolemone Agreste il cui stemma è sugli archi della chiesa. Vi è annesso un ospizio del collegio italo-greco dei monaci Basiliani di Grottaferrata che lo fecero restaurare nel 1682, come si legge nella iscrizione sulla porta d’entrata. All'interno della chiesa vi sono alcune iscrizioni che ricordano monaci e prelati di quel collegio, fra cui soprattutto quella del cardinale Basilio Bessarione, abate commendatario del monastero di Grottaferrata e creato cardinale da Eugenio IV nel 1439. La chiesa è tenuta dall'Ordine Basiliano Italiano di Grottaferrata, come pure una parte del collegio annesso, mentre il resto è di proprietà dello Stato italiano. Edicole Sacre, Madonnelle, tra via di San Basilio e piazza Barberini, rione Trevi e rione Colonna, una è una immagine moderna della Vergine Maria reca la scritta "Mater fons Amoris, un'altra più antica risale al 1700 ed è all'interno di una cornice in stucco raffigurante la Madonna con San Filippo, copia di un quadro che è all'interno della chiesa di Santa Maria in Vallicella. Al numero 95 vi è un affresco sul muro raffigurante la Vergine Maria, altre madonnine erano o ci sono ancora, negli androni degli antichi palazzi e delle case. Via degli Avignonesi, va da via dei Serviti a via delle Quattro Fontane, fa parte del Rione Trevi. Questa era la zona degli Avignonesi a Roma, e in precedenza era solo un vicolo. Fontana del Cane, via Vittorio Veneto, rione Ludovisi, si trova sul lato della via opposto all'Ambasciata degli Stati Uniti si tratta di un piccolo abbeveratoio, che si nota appena, fu realizzato dal proprietario di un vicino bar a beneficio dei propri cani, le tre lettere sulla testa del cane, ABC, si riferivano al nome del bar, oggi scomparso. Chiesa Santa Maria Immacolata della Concezione, più nota come i Cappuccini, è a via Veneto 27, rione Ludovisi e rione Colonna, Roma, nota per l'ossario posto nelle stanze sotterranee che sono decorate in modo macabro con i resti delle ossa disposte dai frati in vario modo. La chiesa venne edificata dal cardinale Antonio Barberini, fratello di Papa Urbano VIII nel 1624 sul''area della demolita chiesetta di Sant'Antonio da Padova. La chiesa di Santa Maria della Concezione fu data ai frati Cappuccini che traslocarono qui da un convento posto alle falde del Quirinale, e che si insediarono anche nell'annesso convento della chiesa. Qui ricostruirono la cella di San Felice da Cantalice, che era nel precedente convento, purtroppo con l'edificazione di via Veneto parte del convento venne distrutto ma la cella del Santo venne salvata e ricostruita nel 1922 all'interno della chiesa sulla destra del coro. La Chiesa di Santa Maria Immacolata della Concezione è famosa per l'ossario dei frati, morti e disposti in stile Luigi XVI, l'ossario è oggi situato nella cripta. Il fratello di Papa Barberini era cardinale e frate cappuccino, fondò questa chiesa nel 1624 e alla sua morte volle essere seppellito sotto una semplice lastra di pietra che si trova a fianco dell'altare con un epitaffio che recita: "Qui giace solo polvere cenere e null'altro. Attraverso l'ossario, la realtà della morte è illustrata dai cappuccini nella cripta della chiesa dove generazioni di frati hanno accatastato lungo le pareti delle cinque cappelle le ossa e i teschi dei confratelli morti. Sono stati impiegati 4000 scheletri per allestire questo "memento mori". Parte delle ossa sono disposte a formare simboli cristiani come corone di spine e crocefissi, alcuni scheletri sono interi tra questi quello di una delle principesse Barberini, morta bambina. All'uscita vi è una iscrizione in latino che ammonisce : "Sei ciò che fummo, sarai ciò che siamo". All'interno della chiesa c'è la Conversione di San Paolo di Pietro da Cortona, l'Estasi di San Francesco del Domenichino, e il notissimo Arcangelo San Michele di Guido Reni, il diavolo che l'arcangelo schiaccia, ha le sembianze di Papa Innocenzo X, a causa di uno sgarbo inflitto al pittore dal Papa, rimproverato rispose che l'angelo lo aveva dipinto di fantasia, non avendone mai incontrato uno, ma che il diavolo era reale, perchè ne conosceva benissimo le sembianze. Famosa nel convento, nel secolo scorso era la presenza di Fra Pacifico, un frate noto ai romani perchè dava i numeri del Lotto sempre vincenti, per questo motivo, Papa Gregorio XVI lo fece trasferire, il frate giunto a piazza del Popolo esclamò: "Roma se santa sei, perchè crudel se tanta ? Se dici che se santa,certo bugiarda sei", i romani capirono e giocarono 66,70.16,60 e 6 e sbancarono il Lotto Pontificio. Ministero dell'Industria e del Commercio, via Veneto 56, rione Ludovisi e rione Colonna, Roma, fu costruito nel 1932 su progetto di Marcello Piacentini e Giuseppe Vaccaro, la porta in bronzo è opera di Giovanni Prini, all'interno vi sono un rilievo in bronzo di Romano Romanelli, una grande vetrata di Mario Sironi ed affreschi di Arnaldo Carpanetti. Palazzo Margherita, via Veneto, rione Ludovisi, Roma, così chiamato, perché vi dimorò a lungo la regina Margherita di Savoia, oggi è sede della Ambasciata degli Stati Uniti, il palazzo fu voluto da Rodolfo Boncompagni Ludovisi che lo fece edificare sui resti della villa Ludovisi, della quale restano solo alcuni alberi nell'attuale giardino. Il progetto fu di Gaetano Koch e fu edificato tra il 1886 e il 1890 incorporando sul retro l'antico palazzo Orsini. La facciata su via Veneto si sviluppa in tre ampie arcate sormontate da un balcone ed è ornata da un fregio decorato con i simboli della famiglia che corrono lungo il cornicione a mensole. Ambasciata Americana, Palazzo Margherita : via Veneto, rione Ludovisi, Roma, si trova nel Palazzo Margherita un tempo della famiglia Ludovisi, che fu completato nel 1890.. Questo palazzo un tempo fu la dimora della Regina Margherita di Savoia, il palazzo fu voluto da Rodolfo Boncompagni Ludovisi, su un'area di sua proprietà, della quale restano alcuni alberi nel giardino del palazzo. Il palazzo fu costruito da Gaetano Koch tra il 1886 e il 1890, incororando sul retro l'antico palazzo Orsini, la facciata su via Veneto si sviluppa in 3 ampie arcate sormontate da un balcone ed è ornata dal fregio decorato con i simboli di famiglia che corrono lungo il cornicione a mensole. (Ludovisvi sempre da Koch fece costruire due palazzine una era a via Boncompagni ed erano collegate da una piccola ferrovia, oggi scomparsa) Palazzi Ludovisi tra via Veneto e via Boncompagni, rione Ludovisi, Roma, furono fatti edificare da Luigi e Giuseppe Ludovisi, su progetto di Koch nel 1895, erano due palazzine, collegate tra loro da una piccola ferrovia oggi scomparsa. Via Ludovisi, va da via di Porta Pinciana a via Vittorio Veneto fa parte del rione Ludovisi, Roma, ricorda la nobile famiglia bolognese che fece fortuna a Roma nel Seicento con Papa Gregorio XV. Ludovico Ludovisi nipote del papa, fu cardinale e fondò la villa Ludovisi che però fu spazzata via alla fine dell'Ottocento per creare l'urbanizzazione del rione che porta il nome di questa illustre famiglia che a quell'epoca era già estinta e fusa nella famiglia Boncompagni. Alcuni resti della villa sono visibili in via Boncompagnu e in via Vittorio Veneto. Villino Maraini, è a via Ludovisi 48, rione Ludovisi, Roma, fu realizzato nel 1905 da Otto Maraini per il fratello Emilio, oggi è la sede dell'Istituto Svizzero di Roma. Villa Ludovisi, Villa Ludovisi si trovava a Roma, nella zona del Pincio fu voluta dal cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di papa Gregorio XV, che acquistò nel 1622 la Villa Orsini ampliandola con altre proprietà adiacenti. Ne risultò un parco di 30 ettari tra Porta Pinciana, Porta Salaria e il convento di Sant'Isidoro. Gli edifici della Villa Ludovisi furono progettati dal Domenichino mentre i giardini dall'architetto di Versailles, André Le Nôtre. Il parco era corredato da statue e fontane e da numerosi frammenti romani che appartenevano ai precedenti proprietari, gli Orsini. Vi era anche un obelisco che venne poi spostato a piazza San Giovanni in Laterano, dove ancora oggi lo possiamo ammirare. In questa magnifica villa decantata da Goethe e Stendhal, vi era una raccolta di oltre 450 sculture antiche, delle quali 100 furono acquistate nel 1910 dallo Stato Italiano ed oggi si trovano al museo di Palazzo Altemps. Nel 8883, dopo l'Unità d'Italia, i Boncompagni Ludovisi procedettero alla lottizzazione dei terreni di loro proprietà senza risparmiare né i giardini e nemmeno parte del palazzo Ludovisi. Si opposero alla distruzione della villa Luvisi D'Annunzio e Rodolfo Lanciani, ma le loro proteste rimasero inascoltate e si salvarono solo il Casino detto dell'Aurora dall'affresco del Guercino, la facciata e la scalinata del Palazzo Grande, scalinata che oggi è addossata al Palazzo dell'Ambasciata degli Stati Uniti e che non è in nessun modo visitabile, né visibile dalla strada. Porta Pinciana, si trova tra piazzale Brasile e piazzale Federico Fellini, in fondo a via Vittorio Veneto, quartiere Pinciano e rione Sallustiano, Roma, è una delle porte nelle Mura Aureliane, di questa porta solo l'arco centrale in travertino è quello originale mentre i due fornici laterali oggi esistenti sono stati realizzati in epoca moderna, i restauri non hanno comunque influito sull’aspetto originario, ed è rimasta praticamente quasi uguale a com’era in origine. Il nome della porta Pinciana deriva dalla Gens Pincia che possedeva il colle Pincio, ebbe anche il nome di Porta Turata, perché murata, e Porta Salaria Vetus, perché da qui usciva la più antica via Salaria che, poco più avanti, si congiungeva con il tracciato della via Salaria Nova. La tradizione popolare medievale le assegnò anche il nome di “Porta Belisaria” forse perché Belisario aveva qui il suo quartier generale. La porta Pinciana fu realizzata dall’imperatore Onorio nel corso del restauro operato nel 403, ingrandendo la preesistente posterula di epoca aureliana e realizzando le due torri laterali a base semicircolare, la porta divenne quindi da semplice ruolo di passaggio a porta di estrema importanza strategica, posizionata com'era in cima al colle. Piazzale Brasile, tra via Pinciana e corso Italia quartiere Pinciano, è dedicato al più vasto stato dell'America meridionale, sotto il piano stradale si trova un enorme parcheggio sotterraneo realizzato tra il 1966 e il 1972 realizzato su progetto di Luigi Moretti ospita 25 mila posti macchina, ma purtroppo è poco usato dagli automobilisti romani. Qui si trovano uno degli ingressi alla bellissima Villa Borghese e si può ammirare la Porta Pinciana una delle porte delle Mura Aureliane. Edicola Sacra Madonnella a piazzale Brasile, quartiere Pinciano, Roma, si tratta di una madonnina in mosaico addossata lungo le mura Aureliane neo pressi della porta Pinciana. Colle Pincio, collis Hortolorum, si trova a nord del colle Quirinale, si affaccia sulla vasta pianura del Campo Marzio e su piazza del Popolo, detto colle dei giardini, per la presenza in questo colle di Roma delle antiche ville romane di età repubblicana e imperiale e tra queste la più nota fu la villa di Lucullo, che per i suoi giardini e le sue terrazze era detta horti Luculliani. Il colle Pincio ed i suoi horti, nel II e III secolo erano di proprietà della "Gens Acilia", è detto anche colle Pinciano e mons Pincius, le pendici del colle Pincio cominciarono a popolarsi di ville verso la fine dell'età repubblicana romana, qui vi era la vasta villa di Lucullo, edificata dopo il suo trionfo nel 63 a.C. su Mitridate, pochi sono i resti di questa grandiosa villa di Lucullo alcuni sono visibili nei sotterranei del Convento del Sacro Cuore e sotto villa Medici. Sul Pincio vi era anche la villa di Sallustio scrittore e storico detta horti Sallustiani, che in epoca imperiale nel 46 venne unita agli horti Luculliani divenendo una unica proprietà imperiale chiamata "in Pincis". La parte settentrionale del colle Pincio era occupata dalle ville degli Acilii, e da quelle più tarde degli Anicii e dei Poncii, che diedero il nome al colle: un resto delle loro costruzioni è il cosiddetto Muro Torto, eretto in età repubblicana e poi incluso nella cinta delle Mura Aureliane. Fu chiamato anche Muro Malo perché vi venivano sepolti i defunti impenitenti e le prostitute di basso rango: era indicato anche come sepolcro di Nerone. Tra le ville che occupano il colle Pincio vi è anche la villa Borghese. La sistemazione radicale del Pincio si deve a Papa Pio VII nel 1811, su progetto del Valadier, qui possiamo ammirare l'obelisco di Antinoo detto Pinciano dedicato dall'imperatore Adriano al suo giovane amico Antinoo annegato nel Nilo nel 130 d.C. Vi è anche un idrocronometro, orologio ad acqua, ideato dal domenicano Giovanni Embriaco e la Casina Valadier, i viali sono costeggiati da alberi secolari che si snodano tra colonne, statue e fontane. I vari sentieri conducono alla piazza dedicata a Napoleone, da cui si ammira uno dei panorami più belli di Roma. Vedi Colle Pincio. Villa Borghese, questa splendida villa si estende per nove ettari e mezzo nel centro di Roma, fu creata agli inizi del XVII secolo dal cardinale Scipione Borghese. Il progetto fu affidato all'architetto fiammingo Giovanni Van Santen, conosciuto con il nome di Vasanzio e a Flaminio Ponzo che nel 1613 cominciarono a costruire il Casino, ultimato 3 anni dopo e a sistemare il parco, concepito all'italiana, fu trasformato radicalmente alla fine del XVIII secolo con l'opera degli architetti Antonio e Mario Asprucci e del pittore Cristoforo Unterbergher ed ingrandita nel XIX secolo da Luigi Canina. Nel 1902 la villa Borghese venne acquistata dallo Stato Italiano che ne fece dono al Comune di Roma perché fosse aperta al pubblico, ebbe il nome di villa Umberto I. E' uno dei più famosi parchi pubblici romani, celebre durante il periodo della Bella Epoque per i concerti e la banda del famoso musicista Vessella, e per le passeggiate di D'Annunzio di Pascarella, e di altre persone illustri. L'ingresso alla villa Borghese è su piazzale Brasile ed è costituito da due grandi pilastri quadrangolari sormontati dall'aquila e dal drago dei Borghese, oggi aperti alle basi e portati qui nel 1769 dall'Asprucci, da quello che era l'ingresso originario della villa posto lungo il Muro Torto. Altri ingressi sono a via Adrovandi, a via Pinciana, a via Pietro Raimondi, a viale Gioacchino Rossini, al piazzale Miguel Cervantes, a piazzale Flaminio, a piazza Enrico Sienkiewicz e a via delle Magnolie. Piazzale dei Daini, si trova lungo il viale dei Daini, va dal viale dei Due Sarcofagi a viale Giovanni Vasanzio, si trova all'interno della Villa Borghese, prende il nome dall'antico parco dei Daini dove un tempo pascolavano daini e gazzelle, qui si trova il Museo Galleria Borghese. Museo Galleria Borghese, piazzale dei Daini, quartiere Pinciano, Roma, conserva sculture, bassorilievi e mosaici antichi, nonché dipinti e sculture dal XV al XVIII secolo. La raccolta, costituita inizialmente dal cardinale Scipione Borghese all'inizio del XVII secolo, conserva capolavori di Antonello da Messina, Giovanni Bellini, Raffaello, Tiziano, Correggio, Caravaggio e splendide sculture di Gian Lorenzo Bernini e del Canova. Piazza Sallustio, va da via Collina a via Servio Tullio, fa parte del rione Sallustiano, Roma, ricorda lo scrittore romano Caio Sallustio Crispo, nato nell'86 a.c. e morto nel 35 a.C. che fu uno storico e governatore della Numidia, a lui si devono due libri "Guerra di Giugurta" e "Congiura di Catilina", è in questa zona che Sallustio ebbe i suoi possedimenti, gli Horti Sallustiani e la sua villa, i cui resti oggi sono visibili e che si trovano ad un livello di 15 metri al di sotto del piano stradale. Area Archeologica di piazza Sallustio, rione Ludovisi, Roma, piazza Sallustio 21, gli horti Sallustiani, erano il più grande parco monumentale della Roma antica, erano i giardini e la villa di Sallustio , che oggi dannoi il nome al rione Sallustiano, l'area fu acquistata da Sallustio nel 44 a.C. che la ingrandì facendone la sua residenza personale. Gli horti Sallustiani che furono fatti edificare dallo storico e senatore della repubblica romana Gaio Sallustio Crispo, sorsero su un'area tra i colli Pincio e Quirinale, zona appartenuta a Giulio Cesare, , in quella zona che poi sotto Augusto divenne la Regio VI. i resti di questa villa erano compresi tra gli attuali resti delle antiche Mura Aureliane, la via Vittorio Veneto, la via Venti Settembre e la via Piave. La villa alla morte di Sallustio nel 36 a.C., passò in proprietà al nipote Quinto e poi ad Augusto, divenenne parte del demanio imperiale romano. Da allora i giardini vennero ampliati ed abbelliti più volte, restando sempre di proprietà imperiale. Molti imperatori scelsero la villa di Sallustio come dimora temporanea, in alternativa alla sede ufficiale sul colle Palatino. Vespasiano vi soggiornò spesso e Nerva morì qui. Nel 69 d.C. negli horti Sallustiani si svolsero duri combattimenti che videro trionfare l'esercito di Vespasiano. Poi gli imperatori Adriano e Aureliano vi fecero fare altri importanti lavori. L'imperatore Aureliano, in particolare, vi fece costruire una porticus miliarensis, probabilmente un complesso di portico, giardino e maneggio, dove si recava a cavalcare. Altri restauri vennero effettuati nel III secolo. Poi, quando nel 410 vi fu il sacco di Roma da parte dei Visigoti, comandati del re Alarico I, e che entrarono proprio dalla Porta Salaria, la villa subì gravissimi danni e non fu mai più ricostruita, come testimonia anche Procopio nel VI secolo. Sembra che Sallustio per edificare la sua immensa villa ottenne i fondi in modo illecito, quando era propretore in Africa Nova. Si possono ammirare oggi al di sotto del manto stradale, sotto di oltre 14 metri, grandi mura di contenimento. La parte principale della antica struttura è formata da un insieme di ambienti di ampiezza e forma diversa. Il centro del padiglione è caratterizzato da un’aula circolare sulle cui pareti si aprono due nicchie. La volta di quest’aula circolare, a spicchi o a conchiglia, richiama elementi caratteristici di Villa Adriana a Tivoli. A seguire un’aula rettangolare caratterizzata da una copertura formata da due volte a botte sovrapposte che poteva essere isolata dall'aula centrale attraverso tende, come testimoniano dei grandi fori presenti nella struttura. Quasi certamente, secondo gli storici e gli studiosi, il grande padiglione era una cenatio festiva d'estate e a seconda del numero degli ospiti si poteva rinunziare o meno all'aggiunta della sala posteriore. Arretrato rispetto all'ingresso del corpo centrale del complesso, si erge un edificio a più piani, un'insula di tipo signorile, dove sono stati trovati locali interamente affrescati e pavimenti a mosaico, che con i lavori di restauro effettuati alla fine del secolo scorso è possibile vederli oggi nel loro antico splendore. Altri elementi costitutivi degli Horti Sallustiani sono sparpagliati qua e là nella zona adiacente Piazza Sallustio. Nel XVI secolo, tra le odierne via Lucania e via Sicilia, fu rinvenuto il Tempio di Venere Ericina. Una struttura a forma circolare le cui colonne in marmo “giallo antico”, furono utilizzate per la costruzione di una cappella nella chiesa di San Pietro in Montorio. A poca distanza da questo Tempio, in via Boncompagni, c’era una grande costruzione divisa in tre parti e con abside centrale. Sull’altro lato della valle, in prossimità dell’antica porta Collina, c’era, invece, un grande tempio dedicato alla Fortuna Pubblica, i cui resti furono rinvenuti nel 1887 tra le attuali via Flavia e via Servio Tullio. I grandi giardini, presenti nella residenza, ricchi di piante di ogni tipo e la presenza di numerose fontane necessitavano di un complesso sistema idrico e, infatti, nelle vicinanze di via XX Settembre, sotto il Collegio Germanico-Ungarico in via San Nicolò da Tolentino, è stata rinvenuta una monumentale cisterna. L’imponente struttura, composta da otto navate distribuite su due piani, doveva servire ad alimentare la parte meridionale della villa ed altri edifici del quartiere. Dal VI secolo d.C. e fino a tutto il Medioevo la zona degli Horti Sallustiani rimase abbandonata. All’inizio del periodo Rinascimentale l’area si presentava ancora coperta da uliveti e boschi di lauro dove sporadicamente si intravedevano case con piccoli poderi. Finalmente, nel 1969, il complesso viene dichiarato di notevole interesse archeologico e a fine secolo si è, finalmente, intrapreso un serio progetto di restauro per il padiglione degli Horti Sallustiani di Piazza Sallustio. L'Obelisco Sallustiano, oggi situato ora in piazza Trinità dei Monti, era uno dei nuclei principali della villa di Sallustio e si trovava in fondo alla valle che divideva il Quirinale dal Pincio, era sostenuto da potenti muraglioni ad arcate e contrafforti appoggiati alle mura serviane, dove oggi corre la via Sallustiana. L'edificio i cui resti sono nella zona dell'attuale piazza Sallustio doveva essere simile al Canopo di villa Adriana: al centro della piazza, 14 metri sotto il livello attuale, ne sono stati scavati i resti, poggianti sulla collina retrostante e collegati ad altri resti di edifici scarsamente conservati. La parte principale dell'edificio era una grande sala circolare (11,21 metri di diametro per 13,28 di altezza), coperta da cupola a spicchi alternati concavi e piani (una forma molto rara, riscontrata solo nel Serapeo di villa Adriana). Le pareti ospitano tre nicchie per lato, due delle quali erano aperte come passaggi per ambienti laterali. Le nicchie restanti pochi anni dopo la costruzione vennero chiuse e coperte da incrostazioni marmoree, che coprivano anche le pareti. Anche il pavimento era marmoreo, mentre la cupola e la parte alta delle pareti erano decorate da stucchi. Si accedeva alla sala rotonda da un vestibolo rettangolare, al quale corrispondeva un ambiente simmetrico sull'altro lato, attraverso il quale si accede a una sala rettangolare in asse, fiancheggiata da due sale minori di forma allungata. Sul lato nord della sala circolare si trovano altri ambienti e una scala che permetteva di recarsi ai piani superiori. A sud si trova un ambiente coperto di forma semicircolare e diviso in tre zone con tramezzi, due delle quali conservano ancora mosaici antichi in bianco e nero e resti di pitture parietali probabilmente stese in un secondo momento; il terzo ambiente verso sud, è occupato da una rampa di scale per i due piani superiori, mentre quella nord era inframezzata con un ambiente usato come latrina. La facciata di questo emiciclo è frutto in larga parte dei restauri del XIX secolo. I bolli laterizi di questo edificio confermano una datazione posteriore al 126, e si doveva probabilmente trattare di una cenatio estiva, come il modello simile di Villa Adriana a Tivoli. Il trono Ludovisi, oggi è custodito nel Palazzo Altemps.Tra gli altri resti di edifici del complesso c'è un criptoportico decorato da pitture, oggi nel garage dell'Ambasciata Americana dal lato su via Friuli, e un muro a nicchie lungo via Lucullo. Nel collegio Germanico si trova poi una grandiosa cisterna adrianea, all'angolo fra via San Nicola da Tolentino e via Bissolati, composta da due piani: il primo, alto 1,80 metri, fa da sostruzione al secondo, che organizzato su quattro navate parallele intercomunicanti (complessivamente 38,55 x 3,30 metri). Facevano parte del complesso degli Horti Sallustiani anche il tempio di Venere Erycina e il Circo di Sallustio Testimonianza dell'importanza e della ricchezza degli Horti Sallustiani sono le grandi opere d'arte rinvenute, nonostante le numerose trafugazioni avvenute nel corso dei secoli. Da qui proviene l'obelisco Sallustiano, oggi davanti a Trinità dei Monti, collocato sin dal 1789 in cima alla scalinata di Trinità dei Monti, e il suo basamento di granito, oggi nei giardinetti dell'Aracoeli. Anche il trono Ludovisi e la grande testa femminile detta "Acrolito Ludovisi", entrambi al Museo Nazionale Romano, provengono da questa villa, forse da bottini di guerra conservati nel tempio di Venere Erycina. Dagli Horti Sallustiani provengono molte sculture famose; tra queste il Galata Morente conservato nei Musei Capitolini, il Galata Suicida ed il trono Ludovisi ora a Palazzo Altemps. Largo di Santa Susanna, va da piazza San Bernardo a via Leonida Bissolati, mentre la via di Santa Susanna va da via Giosuè Carducci a largo di Santa Susanna, sono parte del rione Trevi e del rione Sallustiano, Roma. Il toponimo prende il nome dalla chiesa di Santa Susanna che sorge su piazza San Bernardo. Ufficio Geologico, largo di Santa Susanna, rione Trevi e rione Sallustiano, Roma, fu costruito tra il 1873 e il 1880 da Raffaele Canevari ristrutturando un edificio preesistente on la sovrapposizione di tre sale sorrette da pilastri di ghisa, qui c'è il Servizio Geologico d'Italia sorto a Firenze nel 1869 e destinato al lavoro della carta geologica d'Italia. Ha un museo dedicato alla litomarmologia, alla mineralogia e alla paleontologia. Resti mura Serviane a Largo di Santa Susanna, rione II Trevi e rione XVII Sallustiano, Roma, resti delle mura Serviane si trovano al centro di una piccola aiuola e passano quasi inosservati in quanto nascosti dal traffico cittadino. Il largo di Santa Susanna va da piazza San Bernardo a via Leonida Bissolati e prende il nome dalla vicina chiesa di Santa Susanna. Qui si trova l'Ufficio Geologico edificato tra il 1873 e il 1880 da Raffaele Canevari, dedicato alla mineralogia e alla paleontologia. Via Lombardia, va da via Vittorio Veneto a via di Porta Pinciana, fa parte del rione Ludovisi, Roma, la via è dedicata alla regione dell'Italia Settentrionale, che prese questo nome dai Longobardi che li si stabilirono a partire dal IV secolo d.C.. Casino dell'Aurora, si trova tra via Lombardia 46, rione Ludovsi, Roma, il padiglione del Casino dell'Aurora è quanto rimane oggi della tenuta Ludovisi che si stendeva su buona parte del quartiere fino alla porta Pinciana. La Villa Ludovisi con i 3 Casini fu fatta edificare dal cardinale Ludovisi, nipote di papa Gregorio XV, nel XVII secolo e affrescata dal Guercino. Il Casino dell'Aurora, è l'unico rimasto dei 3 Casini presenti nella villa, il primo Casino fu disegnato dal Domenichino, ed era la abitazione e la residenza di campagna della famiglia Ludovisi, il secondo Casino conteneva una vasta collezione di reperti antichi, mentre il terzo Casino quell'Aurora è quello che è giunto fino ad oggi, Prende questo nome perché sul soffitto è raffigurata la divina Aurora un'opera singolare del Guercino che da l'impressione che il casino sia senza tetto e che si possa vedere il cielo coperto di nuvole e attraversato da cavalli che trascinano il carro di Aurora dalle tenebre verso la luce del giorno. I giardini e gli edifici della villa furono opera del celebre architetto francese Le Notre, che tanta fama aveva ottenuto con la costruzione di Versailles. Gli ambienti della villa Ludovisi erano affrescati dalle opere del Domenichino, dello Zuccari e del Guercino. Tra le opere vi era un Satiro, forse opera di Michelangelo. Il viale dei Cipressi era una delle meraviglie del parco, degli alberi di questa villa si salvarono pochi esemplari alcuni ancora presenti nel palazzo Margherita a via Vittorio Veneto. Piazza San Bernardo, si trova tra largo di Santa Susanna e via Torino, fa parte del rione Trevi e del rione Castro Pretorio, il toponimo prende il nome dalla chiesa di San Bernardo. Da qui un tempo si diramava il vicus Longus che andava a congiungersi, tagliando l'attuale via XX Settembre con il vicus di porta Collina, ma questa via scomparve in gran parte con l'edificazione delle Terme, e la antica porta Collina venne detta successivamente anche de Termini- Nel 1627 la zona ove sorge la chiesa fu detta anche Borgo San Bernardo perché vi era un piccolo agglomerato di case. Alla fine dell'Ottocento la piazza venne chiamata piazza del Fontanone de Termini per la presenza della fontana mostra del Mosè, per la cui sistemazione venne abbassato il manto stradale e venne distrutto anche un viale alberato. Fontana del Mosè, Fontana mostra dell'Acqua Felice,Piazza San Bernardo, rione Castro Pretorio, Roma E' comunemente nota come la fontana dell'Acqua Felice, la fontana ha nella nicchia centrale una grottesca figura del Mosè. La struttura della fontana è a 3 archi, la struttura è massiccia e fu progettata da Domenico Fontana, per abbellire la parte finale dell'acquedotto dell'Acqua Felice, chiamato cos perchè commissionato da Felice Peretti, salito al soglio pontificio con il nome di Papa Sisto V, l'acquedotto fu completato nel 1586 per fornire acqua potabile a questo quartiere di Roma. La statua del Mosè posta al centro è colossale e sproporzionata e fu scolpita da Prospero Bresciano o da Leonardo Sormani, ed è una goffa imitazione del famoso Mosè di Michelangelo a San Pietro in Vincoli. All'inaugurazione si disse che la statua avesse un'aria accigliata per essere stata scolpita da uno scultore tanto inetto. I rilievi ai lati mostrano storie del Vecchio Testamento con l'acqua come soggetto. Aronne che guida il popolo ebreo a dissetarsi e Giosuè che guida l'esercito verso il Mar Rosso. I quattro leoni sono copie di originali egizi che si trovano ai Musei Vaticani, che Sisto V aveva fatto collocare per decoro e piacere Via Torino, va piazza dell'Esquilino a piazza San Bernardo fa parte del rione Castro Pretorio, ricorda il capoluogo del Piemonte, la antica città era chiamata Augusta Taurinorum, fu capitale del ducato longobardo, capitale del regno sardo e capitale d'Italia dal 1861 al 1865. Chiesa di San Bernardo alle Terme, Via Torino 94, rione Castro Pretorio, Roma, fu costruita dove un tempo si trovavano le 4 torri circolari che si ergevano ai lati dei resti delle terme di Diocleziano, la chiesa per la forma è simile ad un Pantheon in miniatura, ha un tamburo ottagonale ed una piccola apertura in cima per illuminare l'interno. Sul perimetro del grande muro circolare che sostiene la cupola vi sono otto nicchie con grandi statue in gesso, opera di Camillo Damiani, 1567 - 1611. L'idea di trasformare la Torre delle Terme in Chiesa fu della Contessa Caterina Sforza Cesarini, che comprò dal cardinale Du Bellay il calidario rotondo delle terme, e ne ordinò l'edificazione nel 1598, le spoglie di Caterina Sforza riposano proprio all'interno di questa chiesa. La Chiesa fu dedicata dalla Contessa Caterina Sfora in onore del borgognone Bernardo da Chiaravalle, nato nel 1090 e morto nel1153, fondatore dei Cistercensi,al quale era particolarmente devota. E' soprannominata "la chiesa senza finestre ", infatti prende luce solo dall'impluvium come il Pantheon, con il foro chiuso da un lanternino. La grande sala termale è comunque rimasta intatta con la grande cupola che ha un diametro di 22 metri a cassettoni ottagonali. Nella Cappella di San Francesco c'è il "Monumento Funebre del pittore Federico Overbeck di Karl Hoffmann" morto nel 1869. Chiesa di Santa Susanna, piazza San Bernardo, rione Trevi e rione Castro Pretorio, Roma, è dedicata alla martire cristiana uccisa durante le persecuzioni di Diocleziano nel II secolo d.C. La caratteristica di questa chiesa è la sua imponente facciata barocca, opera di Carlo Maderno, completata nel 1603. Nella navate ci sono quattro giganteschi affreschi di Baldassarre Croce, che imitano gli arazzi che rappresentano scene di vita di una donna di nome Susanna, oscura martire romana, e della famosa Santa Susannna, biblica, spiata durante il bagno da lascivi giudici nel giardino del marito. La Chiesa, è frequentata dai fedeli cattolici americani che vivono o passano a Roma. Via XX Settembre, va da via delle Quattro Fontane a piazza porta Pia, fa parte del rione Trevi, del rione Sallustiano, e del rione Castro Pretorio, la via ricorda l'entrata dei Bersaglieri a Roma attraverso la breccia di porta Pia avvenuta il 20 settembre del 1870. Un tempo al posto di porta Pia c'era la porta Nomentana e la via XX Settembre si chiamava via de Montecavallo e corrispondeva alla antica via Alta Semita, la via più importante del colle Quirinale, che proseguiva con il vicus portae Collinae fino alla porta Collina delle antiche mura Serviane. La via si è chiamata anche strada Pia in onore di papa Pio Iv che la fece aprire in corrispondenza con l'attuale porta Pia, nel 1870 venne cambiato il nome in via XX Settembre. Chiesa di Santa Maria della Vittoria, via XX Settembre 17, il capolavoro di questa Chiesa barocca è la Cappella Cornaro progettata in modo da sembrare un teatro, al centro vi è l'"Estasi di Santa Teresa" opera del Bernini, questa cappella, del Cardinale Federico Cornaro, è simile a un teatro, con il suo pubblico, con nicchie simili a palchi, assistono alla scena dell'estasi della santa, figure che rappresentano il committente ed i suoi familiari. Si rimane colpiti dalla apparente natura fisica dell'estasi di Santa Susanna che giace su una nuvola, con la bocca semia aperta, gli occhi chiusi e coperta da un panno riccamente drappeggiato che le cinge il corpo, dall'alto un angelo ricciuto la guarda e che a seconda del punto da dove lo si guarda può apparire tenero o minaccioso, l'angelo in mano ha un dardo che sembra voler colpire la Santa per una seconda volta. Le figure in marmo sono circondate e illuminate da raggi di luce divina materializzati in sottili lamine di bronzo. La chiesa, piccola e raccolta, ospita dei sontuosi arredi barocchi. Porta Pia, va a piazzale Porta Pia, da via Venti Settembre a via Nomentana, quartiere Salario e quartiere Nomentano, Roma, è una delle porte delle mura Aureliane di Roma, costruita tra il 1561 e il 1564 da Michelangelo per ordine di Papa Pio IV da cui ne derivò il nome. La porta Pia sostituiva la porta Nomentana che si trova a piazza della Croce Rossa, e che aveva perso la sua funzionalità dopo il riassetto viario e la nuova urbanizzazione voluta dallo stesso papa Pio IV, e la nuova porta venne edificata ad un centinaio di metri da quella precedente. E' opera di Michelangelo la decorazione della facciata. La Porta Pia conosciuta soprattutto per l'episodio risorgimentale noto come Presa di Roma, avvenuto il 20 settembre 1870, quando il tratto di mura adiacente porta Pia fu lo scenario della battaglia tra truppe italiane e le pontificie, che segnò la fine dello stato Pontificio e l'annessione di Roma al regno d'Italia. Si tratta di una delle ultime opere di Michelangelo Buonarroti, in cui l'artista, all'epoca già anziano, utilizzò elementi architettonici ed una sintassi compositiva particolarmente innovativi.Per un maggiore effetto scenico la porta era un po’ arretrata rispetto alla linea delle mura, alla quale era collegata con due tratti di muro laterali obliqui, sovrastati dalla stessa merlatura della porta, ed era ad una sola arcata (come appare nella medaglia), con la facciata rivolta verso la città, mentre all’esterno si presentava con un semplice fornice. Una seconda arcata venne aperta intorno al 1575 per agevolare il transito del traffico, notevolmente La facciata verso l’esterno della città, di Porta Pia, fu terminata nel 1869 su progetto in stile neoclassico di Virginio Vespignani, il quale sembra si sia ispirato ad un’incisione del 1568 che doveva essere abbastanza vicina al progetto originario michelangiolesco. Iniziata nel 1853 con un restauro per i danni subiti due anni prima per la caduta di un fulmine, vennero realizzati anche gli edifici ed il cortile interno. La facciata, in linea con la cinta muraria, ospita due statue, fiancheggiate da quattro colonne: di Sant'Agnese e di Sant’Alessandro, che il Vespignani collocò all'interno di apposite nicchie, secondo la volontà di Pio IX. Durante il cannoneggiamento del 1870, le due statue subirono un grave danno e, dopo un lungo restauro, furono ricollocate in sede nel 1929. All'interno di porta Pia, dei fabbricati formano un cortiletto, questi edifici uniscono le due facciate della porta che un tempo erano utilizzati come ufficio doganale, all'interno di porta Pia c'è anche il Museo Storico dei Bersaglieri e la tomba monumentale ad Enrico Toti. Nel punto esatto in cui fu aperta la breccia, ad una cinquantina di metri ad ovest della porta, è stato eretto un monumento in marmo e bronzo, il Monumento al Bersagliere, opera di Publio Morbiducci, posto qui nel 1932. Via Bissolati, va da Largo di Santa Susanna a via Vittorio Veneto, fa parte del rione Trevi, del rione Ludovisi e del rione Sallustiano, Roma, durante il periodo fascista la via si chiamava via XXIII Marzo, a ricordo della fondazione dei fasci di Combattimento avvenuta nel 1919 a Milano. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945 la via è stata intitolata a Leonida Bissolati, politico e giornalista nato nel 1857 e morto nel 1920, che fu ministro durante la prima Guerra Mondiale, alla quale inoltre partecipò come volontario. La via era caratterizzata da agenzie di viaggio e compagnie aeree. Piazza della Repubblica, rione Castro Pretorio, Roma, la piazza della Repubblica si trova tra via delle Terme di Diocleziano, via Nazionale, e via Vittorio Emanuele Orlando, è vicina alla piazza di Termini e alle Terme di Diocleziano, oggi piazza dei Cinquecento, i ruderi delle Terme di Diocleziano, troneggiano imponenti sulla piazza. Piazza della Repubblica si chiamò a lungo piazza dell'Esedra, il nome derivava da una serie di portici con sedili, i romani continuano a chiamarla piazza dell'Esedra. Sotto Papa Sisto V la piazza corse il rischio di diventare un enorme lago artificiale, fortunatamente non se ne fece niente. Papa Clemente XIII a lato della Chiesa di Santa Maria degli Angeli, nella seconda metà del Settecento edificò vastissimi granai e magazzini di olio, che poi nei secoli ebbero le più svariate destinazioni, da ricovero dei poveri a sede della Pia Casa dell'Industria , penitenziario femminile, e poi carceri maschili nel 1831, successivamente mi venne insediato l'Ospizio di Santa Maria degli Angeli per gli orfani, con accanto l'istituto dei Sordomuti, poi vi fu insediato l'Ospizio di Margherita di Savoia , oggi c'è la sede della Facoltà di Magistero dell'Università di Roma Tutta la Piazza della Repubblica, un tempo era occupata dal giardino delle Terme di Diocleziano, ai lati della piazza sui resti dell'esedra delle Terme ci sono due edifici opera dell'Architetto Gaetano Koch del 1889. Al centro di piazza della Repubblica c'è la fontana delle Naiadi, eretta qui nel 1885 con un gruppo di divinità delle sorgenti e dei fiumi che giocano con mostri marini e al centro di una enorme vasca il Dio marino Glauco che gioca con pesci e tritoni, sculture dei primi anni del Novecento dello scultore Mario Rutelli. Via Nazionale, è parte del Rione Monti, parte del Rione Castro Pretorio, va da piazza della Repubblica che fa parte del Rione Castro Pretorio a via Ventiquattro Maggio, le origini di via Nazionale risalgono al progetto urbanistico del proministro delle Armi Pontificie di Papa Pio IX, Monsignor Francesco Saverio Demerode, che per la creazione di un nuovo quartiere nella zona delle Terme di Diocleziano aveva acquistato tutta la vallata di San Vitale, estesa alla metà dell'Ottocento nei territori intorno alla attuale via di San Vitale. Terme di Diocleziano, piazza della Repubblica, rione Castro Pretorio, Roma si trovano nei pressi di via Veneto, nella zona della Stazione Termini, a via delle Terme di Diocleziano, che è tra piazza della Repubblica e Largo di Villa Peretti, la loro edificazione venne iniziata nel 298 dall'Imperatore Massimiano e proseguite dall'Imperatore Diocleziano, vennero completate dopo l'abdicazione dei due Imperatori tra il 305 e il 306. Le Terme si estendevano su un'area di quasi 14 ettari era il più grande degli edifici termali della città di Roma e del mondo romano capaci di essere utilizzate contemporaneamente da 3000 persone, il doppio delle Terme di Caracalla. Costruite in opera laterizia erano alimentate da una diramazione dell'Acqua Marcia detta anche Aqua Jovia che arrivava dalla Porta Tiburtina con un manufatto utilizzato fino al 1879 dall'Acqua Felice, e faceva capo a una cisterna di forma trapezoidale, a più navate, originate da file di pilastri e lunga oltre 90 metri, la cosi detta botte Termini, situata nella zona dei giardini delle terme, questa botte venne distrutta tra il 1860 e il 1876 per la costruzione della prima stazione ferroviaria di Roma. Le Terme di Diocleziano avevano un recinto di 380 metri per 365 metri, ed erano dotate di esedre e di altri ambienti, sul lato della attuale piazza della Repubblica si apriva al centro una grande esedra. La tradizione vuole che per la costruzione di questo enorme complesso siano stati impiegati anche prigionieri cristiani. La vita delle Terme fu complicata fin dagli inizi. Vennero semidistrutte dal goto Alarico durante il sacco di Roma del 410 e abbandonate divennero come molti altri monumenti romani cava di marmo e travertino per altre nuove costruzioni. Le aule furono usate di volta in volta come doma dei cavalli, rifugio abusivo di senza tetto, abitazione privata e altri svariati usi. Molti artisti vennero ad ispirarsi di fronte ai ruderi delle Terme di Diocleziano, Andrea Palladio le disegnò in ogni dettaglio. Poi nel 1560 il tepidarium delle terme venne utilizzato per l'edificazione della chiesa di Santa Maria degli Angeli, Nel 1575 Papa Gregorio XIII destinò una parte delle terme a magazzino di frumento, oggi l'edificio è usato dalla Facoltà di Magistero che in passato era la Scuola Normale Femminile. Papa Paolo V nel 1612 ingrandì i granai e Papa Urbano VIII li restaurò. Papa Clemente XI per salvare dalla rovina l'aula rotonda che dava sul Viminale, ridusse anche questa a granaio. Le terme subirono danni ma mai come l'opera del Vanvitelli che rivoluzionò l'orientamento della Chiesa di Santa Maria degli Angeli e i fabbricati circostanti, dove si trovava il calidarium. Scomparve la Botte Termini, vennero aperte le strade di via Nazione e via Cernaia, e venne sistemata la piazza davanti alla stazione ferroviaria. Le terme furono utilizzate a varie riprese come caserma, prigione, magazzino militare fino ad avere la loro degna sistemazione com parte e sede del Museo Nazionale Romano, che si trova in via del Museo delle Terme. Le terme di Caracalla erano l'espressione completa e perfetta dello stabilimento termale, già di per se abbastanza grandi, ma le Terme di Diocleziano le superarono in estensione e grandezza. Costruite in 7 - 8 anni, tra il 298 e il 305 d.C., a 100 anni da quelle di Caracalla, erano nell'area tra il Viminale e il Quirinale, oggi compresa tra piazza della Repubblica, un tempo dell'Esedra, piazza dei Cinquecento e le vie Volturno, e Venti Settembre. Per ottenere lo spazio necessario all'edificazione delle Terme venne smantellata la zona da numerosi edifici privati, case di abitazione, che vennero debitamente acquistate, e sconvolta la viabilità preesistente del vicus Longus, Alta Semita e vicus Collis Viminalis. Per l'approvvigionamento idrico venne edificata una diramazione dell'Acqua Marcia detta Aqua Iovia che iniziava subito dopo la porta Tiburtina con ua serie di arcate utilizzate fino al 1879 dall'Acqua Felice di Papa Sisto V, che veniva raccolta in una cisterna, che si trovava su un lato del recinto termale, dove oggi c'è viale Enrico De Nicola. La cisterna aveva una pianta trapezoidale divisa in più navate, da file di pilastri e lunga 90 metri, chiamata "Botte Termini" venne distrutta quando fu edificata la Stazione Ferroviaria, la attuale Stazione Termini. Le Terme di Diocleziano replicavano lo schema delle Terme di Caracalla, nel suo perimetro successivamente sono state inserite la chiesa di Santa Maria degli Angeli e la chiesa di San Bernardo, il complesso dell'ex convento dei Certosini, occupato oggi dal Museo Nazionale Romano, dagli Horrea Ecclesiae i granai Clementini, dall'ex Planetario e dall'ex Casa del Passeggero, una facoltà universale, scuole, un museo delle cere. Durante i secoli di degrado e di abbandono le terme furono depredate degli arredi e dei materiali preziosi, e lo spazio del Palazzo di Diocleziano, o Palatium Diocletiani, nome delle terme in epoca medievale, fu sfruttato per insediarvi chiese e conventi, case ad uso abitativo, depositi, botteghe. Nel XVI secolo la zona fu trasformata in orti e giardini, successivamente occupati da una Certosa posta nell'edificio centrale mentre le strutture periferiche vennero in parte adibite a magazzini per l'Annona frumentaria. Nel 1561 , Papa Pio IV fece trasformare da Michelangelo la parte centrale dell'edificio balneare nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. Tra il 1586 e il 1589 i ruderi della zona del Calidario, le cui sale erano chiamate "Massicci di Termini", venero distrutte per ricavarne materiale per la villa Peretti Montaldo di Papa Sisto V. Altre demolizioni vennero attuate alla fine dell'Ottocento per l'apertura di via Cernaia , della piazza Termini, oggi piazza dei Cinquecento, della piazza dell'Esedra, oggi piazza della Repubblica, e per la costruzione di nuovi grandi palazzi. Solo ai primi del XIX inizio il consolidamento, il ripristino ed il restauro delle Terme di Diocleziano. Lo schema delle Terme di Diocleziano era lo stesso di quelle di Caracalla, caratterizzato da un recinto quadrangolare che racchiudeva una vasta area aperta al centro della quale si trovava l'edificio balneare. I quattro lati del recinto, che misurava 361 metri per 376 metri, circa, erano variamente dotati di esedre e altri ambienti volti versi l'interno. Il lato nordorientale, lungo l'attuale via Gaeta, e attraverso il Chiostro grande della Certosa, aveva nel suo centro, più o meno dove oggi si trova via Montebello, l'ingresso principale di tutto il complesso e alle due estremità in posizione simmetrica due esedre per parte con nicchie e colonne, una delle quali adibita a latrina. I due lati di nord-ovest e di sud-est, identiche tra loro, avevano ognuna regolarmente intervallate altre due esedre e alcuni ambienti minori rispetto a quelli centrali con funzione di ingressi secondari. Il quarto lato di sud-ovest si apriva al centro con una esedra del diametro di oltre 140 metri al posto della quale oggi si trova l'emiciclo della piazza della Repubblica aperta nel 1885 con il nome di piazza Esedra. Questa esedra era fiancheggiata da due sale rettangolari, dove vi erano probabilmente due biblioteche, una latina e una una greca che provenivano dal Foro di Traiano, seguite da ambienti minori agli angoli da due sale rotonde, l'occidentale è mantenuta quasi intatta, perchè venne trasformata nel 1598 nella Chiesa di San Bernardo con la grande cupola del diametro di 22 metri ornata di file concentriche di cassettoni ottagonali decrescenti verso la sommità e aperta al centro da un grande foro circolare, oggi chiuso da un lucernaio, e la sala orientale che si intravede nel fabbricato che fu il granaio dei Clementini tra le vie del Viminale e via delle Terme di Diocleziano. L'edificio balneare al centro dello spazio aperto tenuto in gran parte a giardino era rettangolare con i lati di 240 metri per 145 metri, circa, aveva sull'asse minore la successione della natatio, aula basilicale, dove c'erano il tepidario e il calidario, sull'asse maggiore simmetricamente disposti e uguali, vi erano i vestiboli, gli spogliatoi, le palestre con i portici e altri ambienti annessi alla Basilica, due serie di quattro sale affiancate all'altezza del tepidario e del calidario. Una gran parte dell'edificio delle terme di Diocleziano è ancora conservata e riconoscibile. A piazza della Repubblica sono stati rinvenuti gli antichi resti del quartiere demolito per far posto alle Terme, e si vede la facciata disadorna della Basilica di Santa Maria degli Angeli, che era una delle absidi centrali del calidario. Via Cernaia taglia in due l'antico complesso della palestra. Varcato l'ingresso di Santa Maria degli Angeli, il vestibolo circolare coperto a cupola e con due esedre quadrate ai lati, un tempo erano occupate da vasche, la navata trasversale della chiesa era l'aula basilicale delle terme. Fuori del perimetro della chiesa c'è il Museo Nazionale Romano. La geniale trasformazione dell'ambiente termale delle terme si deve a Michelangelo che però venne modificata nel Settecento dal Vanvitelli. Tra i ritrovamenti delle Terme di Diocleziano vi è uno straordinario bacino monolitico di porfido rosso di 4 metri di diametro con una circonferenza di 14,40 metri che si trova al Museo Pio Clementino in Vaticano, sono amche conservati i resti dell'iscrizione delle terme e una copia, ove tradotto si legge: "Al nostro Signor Diocleziano e Massimiano, obilissimi cesari, dedicarono ai romani le Terme felici diocleziane che Massimiano Augusto al suo ritorno dall'Africa, in presenza della sua maestà decise e ordinò di costruire, e consacrò il nome di Diocleziano, suo fratello, dopo aver acquistato edifici sufficienti a un'opera di tanta grandezza e completatele sontuosamente in ogni particolare". Vedi Terme di Diocleziano. Fontana del chiostro delle Terme di Diocleziano, rione Castro Pretorio, Roma, è una fontana di ispirazione della portiana o forse proprio opera di Giacomo della Porta, si trova al centro del chiostro della Chiesa di Santa Maria degli Angeli, chiostro voluto dai Certosini, che erano stati custodi prima di San Ciriaco e dopo di S. Maria degli Angeli,i cui lavori in principio vennero affidati a Michelangelo che realizzò il "chiostro delle cento colonne" nel 1565, la bella fontana è circondata da cipressi, tra questi uno è secco e si dice sia stato piantato dallo stesso Michelangelo. Basilica Santa Maria degli Angeli, piazza della Repubblica, Via Cernaia 9, Rione Castro Pretorio Roma, la Basilica doveva essere edificata nel 1378 per volere di due benefattori Nicolò da Nola e Napoleone Orsino, che donarono a Papa Urbano V la somma di 3000 fiorini d'oro perchè venisse costruita una certosa all'interno delle Terme di Diocleziano, ma il Papa preferì restaurare la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, affidandola ai Certosini. Nel 1561 il monaco siciliano Antonio del Duca sollecitò Papa Pio IV, al soglio pontificio dal 1560 al 1565, la costruzione della Basilica in quanto un sacello dedicato al culto degli Angeli e posto all'interno delle terme era sempre preda dei ladri, nello stesso periodo anche i certosini della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme sollecitavano una Basilica all'interno delle Terme. Tutti furono accontentati e il "tepidarium" diventò una basilica con annesso un convento, la costruzione era su progetto di Michelangelo e fu eseguita da Jacopo del Duca tra 1562 e il 1566. Ne venne fuori un ambiente di dimensioni eccezionali lungo 90,80 metri, alto 28 metri e largo 27 metri, con 8 colonne monolitiche di granito rosso orientale di 13,80 metri. Nel 1749 il Vanvitelli dovendo aggiungere una nuova cappella per il Beato Nicola Albergati, cambiò l'orientamento della Basilica aprendo l'attuale ingresso in un nicchione del "caldarium" e trasformando in trasversale la navata retta di Michelangelo. Dopo il 1870 gran parte del convento divenne di proprietà del Demanio e adattato a Museo. Nel 1911 fu rimessa in luce l'antica muratura della facciata e vi fu creato un doppio ingresso arcuato. Nel vestibolo ci sono 4 monumenti funebri: a Carlo Maratta opera di Francesco Maratta, al Cardinal Francesco Alciati opera di G..B. della Porta, a Salvator Rosa opera di Bernardino Fioriti e a Pietro Tenerani, opera dello stesso Tenerari un busto autoritratto. Nella nicchia di destra c'è la gigantesca statua di San Brunone fondatore dell'ordine monastico dei Certosini, la cui regola è il Silenzio,opera di G.A.Houdon che aveva di fronte una altrettanto grande statua di San Giovanni, ma essendo di gesso cadde a terra e si ruppe e non venne nè restaurata nè sostituita. Sembra che Papa Clemente XIV un giorno passando davanti alla statua di San Brunone avesse esclamato "E' una statua parlante", ma si corresse "parlerebbe se la Regola non glielo vietasse", una delle regole dei certosini è appunto il silenzio,. Sul pavimento del braccio destro c'è una grandiosa Meridiana chiamata Linea Clementina, da Papa Clemente IX che la fece disegnare con i segni dello zodiaco e le variazioni della stella polare. All'interno della Basilica sono custodite le tombe dei protagonisti più illustri della Prima Guerra Mondiale : Vittorio Emanuele Orlando, l'Ammiraglio Paolo Thaon de Revel e il Maresciallo Armando Diaz. Nel presbiterio si trova "il martirio di San Sebastiano" dipinto ad olio dal Domenichino. Nell'abside si trova la tomba di Papa Pio IV. La Basilica di Santa Maria degli Angeli è stata magistralmente ricavata dalle rovine delle antiche Terme di. L'ingresso della Chiesa fa parte dell'antico calidarium delle Terme di Diocleziano, da qui si passa al vestibolo che è un ambiente rotondo un tempo vano di passaggio tra due piscine con copertura settecentesca simile alla cupola del Pantheon, a destra vi è uno splendido angelo con acquasantiera , quindi si passa al maestoso transetto ricavato chiudendo parte del tepidarium. L'altezza dei pilastri di 20 metri e la maestosità delle volte ci danno la dimensione della grandezza delle terme romane; la parte absidale molto profonda, è stata ricavata dall'antico frigidarium. Tra le opere pittoriche, la Madonna circondata da Angeli del 1543 attribuita a Lorenzo Lotto, che si trova dietro l'altare maggiore, ci sono anche dipinti del Domenichino e del Pomarancio. La Chiesa per forma e capienza e spesso sede delle cerimonie religiose di Stato. Il 27 febbraio del 2006 sono state inaugurate le porte bronzee ispirate all'Annunciazione e alla Resurrezione del grande scultore Igor Mitoraj, di origine polacca vive e lavora a Pietrasanta in Versilia, città importante della lavorazione di marmi e bronzi, dove aveva soggiornato anche Michelangelo Buonarroti. Museo delle Cere piazza della Repubblica, rione Castro Pretorio, Roma, questo Museo delle Cere è collegato a quello di piazza Santi Apostoli , è al numero 12 accanto alla chiesa. vi sono statue a grandezza naturale di personaggi famosi dell'Ottocento e del Novecento della politica, dell'arte e delle scienze. Fontana delle Naiadi, piazza della Repubblica, Roma, La fontana è al centro di piazza della Repubblica, è una bella fontana ed è la mostra dell'Acqua Marcia, si chiama "Fontana delle Naiadi"e sostituisce quella provvisoriamente realizzata nei giardini dell'attuale piazza dei Cinquecento detta Fontana dell'Acqua Pia che era stata inaugurata solo 10 giorni prima della presa di Roma , il 10 settembre 1870. Da qui il motto di Pasquino "Acqua Pia, oggi tua, domani mia". L'idea di mettere la fontana al centro della piazza fu dell'architetto Alessandro Guerrieri che nel 1880 pensò di aggiungere al precedente ampio gioco di zampilli quattro fontane con leoni egizi, che all'inizio erano in gesso. La risistemazione della fontana venne poi affidata all'architetto Mario Rutelli, il quale sostituì i leoni con quattro procaci ninfe adagiate su mostri acquatici, la ninfa dei Laghi con il cigno, la ninfa dei Fiumi poggiata su un mostro fluviale, la ninfa degli Oceani detta Oceanina che doma il cavallo selvaggio simbolo dei marosi, la Ninfa delle acque sotterranee mollemente sdraiata sul dorso di un misterioso dragone. Venne criticata immediatamente e coperta per non farla vedere. Il problema venne risolto da dei giovani che nottetempo abbatterono lo steccato e la fontana dello scandalo il mattino dopo divenne patrimonio di Roma. Anni dopo venne aggiunto un altro gruppo scultoreo al centro della fontana opera anche questa di Rutelli, Glauco che combatte con i tritoni, ma non piacque e il gruppo si trova a piazza Vittorio Emanuele I, allora sempre Rutelli elaborò un altro gruppo, Glauco che combatte con il tritone, dalla cui bocca esce il grande zampillo centrale della fontana, simbolo del dominio dell'uomo sulla natura. Aula Ottagona o della Minerva, Planetario, piazza della Repubblica, Roma, era la parte sud-ovest del complesso delle Terme di Diocleziano era a pianta quadrata con quattro nicchie semicircolari agli angoli e copertura ad ombrello con un foro ottagonale al centro. Il livello della pavimentazione antica era più basso rispetto all'attuale di 4 metri, e tutto l'interno della sala era rivestito da stucchi e marmi, l'edificio venne trasformato in granaio nel 1609 da Papa Paolo V, diventò ai primi dell'Ottocento sede di un istituto di carità, nel 1878 scuola di ginnastica e nel 1928 Planetario, tra le sculture conservate al suo interno, il Principe Ellenistico del 150 a.C. circa, e il Pugilatore seduto del I secolo a.C. che provenivano dalle scomparse Terme di Costantino che erano sul colle Quirinale. Piazza dei Cinquecento, va da Largo di Villa Peretti a via Marzala, fa parte del rione Esquilino e del rione Castro Pretorio, il nome della piazza ricorda i 500 soldati italiani massacrati a Dogali dagli Abissini nel 1887, la lotta scoppiò tra gli italiani e gli abissino il 26 gennaio del 1887, questi ultimi al comando del ras Alula attaccarono di sorpresa una colonna italiana di 512 uomini guidata dal tenente colonnello Tommaso De Cristoforis, la quale scortava una carovana con gli approvvigionamenti destinati all'avamposto italiano di Saati. Gli Italiani si tricerarono su un colle, ma nonostante la loro eroica resistenza vennero accerchiati e massacrati all'arma bianca , per cui la piazza che prima si chiamava Termini, dal nome della Stazione ferroviaria, nel 1888 venne chiamata piazza dei Cinquecento. Il precedente nome di "Termini" derivava dal palazzoTermini che era un edificio che faceva parte della villa Peretti Montaldo divenuto poi Collegio Massimo. Ai 500 soldati italiani caduti a Dogali è stato eretto anche un monumento nel 1887 opera di Francesco Azzurri sormontato da un obelisco egiziano rinvenuto nell'Iseo Campense e trovato in via del Beato Angelico, i cui geroglifici esaltano Ramesse il Grande, poi nel 1924 il monumento insieme all'obelisco è stato trasferito in via delle Terme di Diocleziano per lasciare maggiore spazio di accesso alla piazza dei Cinquecento. Alla base del monumento e dell'obelisco Dogali vi era anche un Leone in bronzo dorato conquistato ad Addis Abeba durante la campagna di Abissinia, ma alla fine della seconda Guerra Mondiale, il leone è stato restituito all'Imperatore d'Etiopia. Nel 1551 la zona era chiamata dal Bufalini "altissimus Roma locus", per la presenza di un monte che qui si era venuto a formare con l'accumulo di terra e materiali da riporto che venivano scaricati nella zona e che provenivano dai lavori per l'apertura della via Sistina. Sembra che in cima a questo monte vi fosse la statua di una figura femminile, che i romani chiamarono la Giustizia, Questo monte venne poi spianato per la costruzione della Stazione Ferroviaria e la statua scomparve; durante i lavori affiorarono dal terreno delle mura antiche attribuite a Servio Tullio, resti delle mura serviane sono visibili alla sinistra della Stazione Termini e nei sotterranei della nuova stazione. Stazione Termini, che si trova a piazza dei Cinquecento, deve il suo nome alle vicine Terme di Diocleziano, Terme che in parte si affacciano anche davanti a piazza della Repubblica. Sia la attuale stazione Termini che la piazza dei Cinquecento, sono sorte in un'area dove prima c'era la Villa Perettti Montaldo, scomparsa. La nuova stazione Termini, venne tracciata nella zona in cui oggi la vediamo, per la pressione del Monsignor De Merode, l'area, situata sul colle Esquilino, prendeva, come già detto, il nome di Termini, per le antiche Terme di Dioclezian, in antico la zona faceva parte di un quartiere popoloso risalente al II secolo, poi abbandonato, che comprendeva fondi rurali di famiglie patrizie. Qui nel Cinquecento venne costruita la Villa Montaldo Peretti di proprietà del cardinale Felice Peretti che sarà Papa Sisto V. Successivamente la Villa venne acquistata dalla famiglia Massimo che poi la cedette allo Stato Pontificio che per la costruzione della Stazione venne demolita. La prima stazione Termini, venne inaugurata nel 1867 per la linea Roma - Ceprano - Napoli, si chiamava "Stazione Centrale delle Ferrovie Romane", l'edificio primitivo era poco più di un piccolo capannone e si accedeva alla linea ferroviaria attraverso due scale esterne di legno, qui vi era anche un buffet gestito dal cameriere favorito del cardinale Antonelli. Successivamente, per volere di Papa Pio IX, iniziarono i lavori di ampliamento della Stazione su progetto dell'Ingegner Bianchi in collaborazione con il Miniere. I lavori vennero completati nel 1873 contestualmente alla designazione di Roma a Capitale d'Italia. La Stazione era dotata di due fabbricati viaggiatori uno per gli arrivi ed uno per le partenze, riuniti da una tettoia metallica centrale, sotto la quale vi erano i binari di testa, all'esterno della stazione sul lato nord vi era lo scalo merci, il deposito delle locomotive, e l'officina per la manutenzione delle carrozze, impianti poi spostati per l'ampliamo dei fasci di binari e la creazione di nuovi marciapiedi per i servizi viaggiatori. La facciata della vecchia stazione Termini era di circa 200 metri più avanti rispetto ad oggi, venne istallata l'illuminazione elettrica nel 1883 sotto le tettoie e nei locali interni alla Stazione. Nel 1935 si attivò la linea dei treni a trazione elettrica provenienti da Firenze. La Stazione venne poi smantellata e ridisegnata nel 1938 per far posto alla costruzione di una nuova stazione ferroviaria che venne poi inaugurata nel 1950. Il progetto iniziale era di Angiolo Mazzoni Del Grande a cui si devono le parti laterali, mentre il progetto definitivo si deve agli architetti Eugenio Montuori, Annibale Vitellozzi, Massimo Castellazzi, Vasco Fadigati, e degli ingegneri : Leo Calini e Achille Pintonello. Nella sala di rappresentanza si trova un cippo di marmo dedicato nel 1956 ai ferrovieri morti nelle ultime guerre. Sotto alla stazione Termini vi è un Acquario. Nel 1999 sono stati fatti ulteriori lavori, con la costruzione di sale d'attesa, ristoranti e negozi, oltre ad una galleria permanente di opere d'arte e una grandissima libreria. L'attuale stazione Termini si caratterizza esteriormente per la lunga e sinuosa pensilina in cemento, da romani chiamata "il dinosauro", il fregio è un lavoro dello scultore ungherese Amerigo Tot. L'accesso ai treni è tramite la Galleria Gommata, un strada pedonale trasversale che collega via Giolitti a via Marsala, dalla quale sono immediatamente raggiungibili tutti i servizi della stazione Termini. Nella Galleria Gommata ci sono una serie di negozi e servizi commerciale che insieme al piano terra formano il "Forum". Su piazza dei Cinquecento fu eretta l'altissima lampada OSRAM che per anni è stata il punto di incontro per i romani, poi però è stata tolta. La Stazione Termini è stata ristrutturata in occasione del Giubileo del 2000 e sotto è stato installato un grande centro commerciale. Il terminale della stazione Termini ha 31 binari tronchi, 22 dei quali raggiungono la Galleria Gommata, 4 linee dedicate al Lazio sono chiamate "Linee Laziali". Termini è una delle stazioni più trafficata d'Italia e tra le prime in Europa con circa 800 treni tra arrivi e partenze. Vi sono servizi ferroviari AV, Eurostar, Intercity, e servizi regionali, nazionali ed internazionali per un totale di circa 150 milioni di viaggiatori all'anno. Treno Leonardo Express, alla stazione Termini, piazza dei Cinquecento, rione Castro Pretorio che collega direttamente la stazione Termini all'Aeroporto di Fiumicino Leonardo da Vinci. Metro A e Metro B alla stazione Termini, piazza dei Cinquecento, rione Castro Pretorio, Roma, sono sotto la stazione Termini. Mura Serviane alla Stazione Termini, rione Castro Pretorio, Roma, sono sul lato sinistro della stazione Termini qui si può ammirare, integro, un tratto delle Mura Serviane, in opus quadratum di epoca Repubblicana, il così detto "Aggere" lungo 100 metri e largo 36 metri, rifatto nel IV secolo a.C. in epoca Repubblicana. Vedi Mura Serviane alla Stazione Termini. Obelisco Dogali, zona Stazione Termini,Viale delle Terme di Diocleziano, rione Castro Pretorio, Roma è l'obelisco dedicato come monumento ai caduti di Dogali. L'Obelisco Dogali è alla Stazione Termini, è alto 9,25 metri, anche questo fu ritrovato nel 1883 nella zona tra piazza della Minerva e piazza Sant'Ignazio, e nel 1887 venne innalzato come monumento commemorativo ai 584 soldati caduti nella Battaglia di Dogali durante la Guerra d'Africa. Era del Faraone Ramses II, e si trovava d Heliopolis; fu portato a Roma in epoca imprecisata. Fino al 1925 è stato di fronte alla Stazione Termini, a piazza dei Cinquecento, dopo di che venne spostato nel piccolo giardino di fronte alle Terme di Diocleziano, sempre nei pressi della Stazione Termini. Nel 1936 fu abbellito, dopo la conquista dell'Etiopia con il Leone di Giuda in bronzo portato da Adis Abeba, ma alla caduta del fascismo il Leone fu restituito al Negus Ailè Selassiè. (Non potrebbe il Comune di Roma vigilare sui monumenti ? far si che chi li imbratta venga costretto a qualche lavoro socialmente utile cosi che ci si pensi prima di dal sfogo cosi impunemente alla imbecillità ?). L'obelisco Dogali si trova in viale delle Terme di Diocleziano e fu posto in origine davanti alla Stazione Termini, che fu aperta nel 1863 ma completata nel 1874 da Salvatore Bianchi, era stata chiamata "Termini" in onore degli impianti termali preesistenti. Per la costruzione della stazione Termini fu abbattuta la villa Montaldo Peretti di Papa Sisto V. (che dire ?) L'obelisco faceva coppia insieme all'obelisco che oggi è alla Villa Medici a Roma, dal 1790 nei giardini di Boboli a Firenze. Sulla cuspide dell'obelisco Dogali c'era uno scarabeo alato con il disco solare e due cartigli di Ramsete II. Sopra ogni lato del fusto vi era una colonna di iscrizioni a enumerare i nomi del re e gli epiteti che lo definivano come prediletto delle divinità solari, e menzionando le offerte elargite a Heliopolis. Dopo la conquista dell'Egitto da parte dei Romani, questo obelisco, insieme agli obelischi di piazza della Minerva, di piazza della Rotonda e di villa Celimontana, ornava il Tempio di Iside a Roma, dalla cui area venne dissotterrato nel 1883. L'obelisco fu scoperto da Rodolfo Lanciani a via del Beato Angelico, vicino all'abside di Santa Maria sopra Minerva, venne estratto da sotto due metri di detriti, la parte superiore recava i segni del punto ove c'era la sfera di bronzo, di epoca romana, l'obelisco già era stato avvistato nel 1719,ma per non bloccare i lavori del monastero venne seppellito. In un primo momento si pensò di collocarlo a Largo Argentina, ma per la morte in guerra dei soldati italiani in Eritrea del 26 gennaio 1887 dove perirono 548 militari annientati in campo, si pensò di metterlo alla stazione Termini. L'obelisto venne collocato su progetto di Francesco Azzurri, a piazza dei Cinquecento, il quale vi aggiunse due edicole di tipo cimiteriale e il monumento venne dedicato ai caduti : agli Eroi di Dogali, i cui nomi sono ricordati nell'iscrizione in bronzo. Negli anni 1920 l'obelisco dalla piazza dei Cinquecento, venne spostato in via delle Terme di Diocleziano, in un piccolo giardino davanti al complesso delle Terme di Diocleziano, fu posta una nuova lapide che dice . "Questo simulacro del Leone di Giuda da Addis Abeba fu qui portato dopo la conquista dell'Impero, o gloriosi morti di Dogali l'Italia Fascista vi ha vendicati, 9 Maggio 1937". Vedi Obelisco Dogali. Museo Nazionale Romano, piazza dei Cinquecento, rione Castro Pretorio, Roma, è stato fondato nel 1889 è diviso in 5 sedi : Le Terme di Diocleziano, il Palazzo Massimo, l'Aula Ottagona o della Minerva a piazza della Repubblica, il Palazzo Altemps e la Cripta Balbi. Ricchissima è la raccolta di sculture e frammenti di architettura romana ed epigrafi che vanno dal III secolo a.C. al V secolo d.C. Museo di palazzo Massimo alle Terme, piazza dei Cinquecento, rione Castro Pretorio, Roma, il piano terra del Museo di Palazzo Massimi alle Terme è stato aperto nel 1998, è stato ricavato da un palazzo storico, sede fono al 1960 della scuola religiosa privata , l'Istituto Massimiliano Massimo dell'Ordine dei Gesuiti, ai quali si deve la costruzione del palazzo ad imitazione tardo cinquecentesca edificato tra il 1883 e il 1886. Nelle 8 sale e nelle 3 gallerie del piano terra sono esposti ritratti, lastre tombali ed altari datati dal I secolo a.C. al II d.C. In una sala ci sono sculture della fine del I secolo con una raccolta di monete di epoca tardo repubblicana riferibili alla periodo della fine dell'impero. In una sala vi sono reperti di affreschi della seconda metà del I secolo a.C. ed un altare ritrovato ad Ostia di epoca Traianea inizio II secolo d.C. che si riferiscono alla leggenda di Enea, mitico eroe Troiano e a Romolo che secondo la tradizione era discendente di Enea e fondatore di Roma. Al primo piano sono esposti ritratti e statue di diversa provenienza esposti in modo cronologico, tra cui un Discobolo copia romana di un originale greco del V secolo a.C. rinvenuto nella zona dell'Esquilino. Al secondo piano numerosi reperti di affreschi, mosaici e stucchi tra i quali le pitture del giardino della casa di Livia moglie di Augusto che era a Prima Porta, e alcuni dipinti della Villa di Nerone di Anzio. Museo delle Terme di Diocleziano, piazza dei Cinquecento, rione Castro Pretorio, Roma, si trova nel giardino delle Terme che affacciano alla Stazione Termini e che fa parte del Museo Nazionale Romano, fu voluto nel 1911 da re Vittorio Emanuele III Re d'Italia, per celebrare i 50 anni dall'Unità d'Italia. E' stato recentemente ristrutturato e nei giatdini che si aprono sulla piazza della Stazione Termini e nel cortile Michelangiolesco, c'è una vasta raccolta di statue, sarcofagi, e iscrizioni. All'interno vi è una vasta raccolta di materiali protostorici dei popoli latini ed una collezione epigrafica. Il Museo occupa una parte delle antiche Terme in cui Michelangelo aveva progettato la Basilica di Santa Maria degli Angeli nel 1562 e 'attiguo chiostro ora adibito a spazio espositivo. Le Terme di Diocleziano non esistono più, nel tempo sono state trasformate, erano state iniziate nel 298 e venero inaugurate tra il 305 e il 306, erano il più grande complesso termale della Roma antica e potevano ospitare 3000 persone. Erano simili nella struttura alle Terme di Traiano costruite nel 109 e a quelle di Caracalla terminate nel 217, avevano i 3 ambienti principali il frigidarium, piscina ad acqua fredda, il tepidarium piscina ad acqua tiepida ed il calidarium piscina ad acqua calda disposti assialmente e al centro della costruzione. Intorno ad essi c'erano palestre, laconicum, ovvero ambienti per la sudorazione, biblioteche e luoghi di ritrovo. Oltre il vasto giardino c'era un muro di cinta e in asse con le 3 piscine vi era un'esedra in cui era ubicato il teatro. Le Terme di Diocleziano ebbero vita breve perchè nel 537 le truppe di Vitige tagliarono le condutture dell'Acqua Marcia, e purtroppo come tutti i monumenti romani, in epoca medioevale anche le Terme di Diocleziano divennero cava di pietra e di marmi. Fortunatamente nel Cinquecento le Terme vennero parzialmente restaurate da Michelangelo.Vedi Terme di Diocleziano. Colle del Quirinale, detto anche Monte Cavallo, a Roma è uno dei 7 colli di Roma ed era già abitato nel VIII secolo a.C.,il nome deriva dal un tempio, che qui sorgeva, dedicato al Dio Quirino, Dio dell'agricoltura e della Pace, ancora prima era la roccaforte della tribù sabina. Nel III secolo d.C. fu edificato un altro tempio dedicato alla divinità Egizia Serapide, e nella prima metà del IV secolo vi sorsero le Terme di Costantino. In epoca romana la zona era abitata da poeti come Marziale, Pomponio Attico,Virgilio. In questo colle erano stato formati anche dei circoli letterari ad uno di questi, presieduto dalla poetessa e principessa Vittoria Colonna, vi prese parte anche Michelangelo.Il gruppo dei Dioscuri domatori di cavalli c'era già in Epoca medioevale, tanto che alla piazza del Quirinale venne dato anche il nome di Monte Cavallo. Nel 1400, si insediarono sul colle numerose ville, che furono ricostruite e modificate in tempi diversi a partire dal 1500. Percorrendo da piazza Barberini, via delle Quattro Fontane, si è a via del Quirinale ed in fondo a piazza del Quirinale. La piazza del Quirinale, si trova sul colle del Quirinale che è uno dei sette colli di Roma, ed in epoca imperiale romana era una zona residenziale, ad est del colle c'erano le vaste Terme di Diocleziano, che si trovano di fronte alla Stazione Termini. Dall' epoca medioevale fino al XVI la zona fu abbandonata, ma nella fine del XVI secolo la zona ebbe una nuova urbanizzazione, il primo edificio ad essere costruito fu il Pontificio Palazzo del Quirinale. Lungo i fianchi del colle del Quirinale, le famiglie come gli Aldobrandini ed i Colonna edificarono le loro dimore. Il Quirinale divenne la residenza del Re d'Italia nel 1870, anno in cui terminò il potere temporale dei Papi. Tutta la zona del Quirinale e Via Nazionale tornarono ad essere fiorenti. Da piazza del Quirinale si può scendere e andare a vedere anche la Fontana di Trevi. Vedi Quirinale e dintorni. Fontana di Trevi, piazza Trevi, rione Trevi, Roma, è la fontana mostra dell'acquedotto dell'Acqua Vergine condotta a Roma nel 19 a.C. da Marco Vespasiano Agrippa, per alimentare le terme di Agrippa al Pantheon. La fontana fu realizzata nella prima metà del 1700, è una delle più suggestive fontane del tardo barocco romano. Sullo stesso luogo ove oggi sorge la maestosa fontana, c'era già in epoca medioevale una fontana, mentre n epoca romana, nel periodo imperiale Augusteo,la fontana era pressappoco nello stesso punto in cui oggi troviamo Via della Stamperia,come mostra del punto finale dell'acquedotto dell'acqua vergine . Nel 1400 architetti come Leon Battista Alberti, Bernardo Rossellino e lo stesso Gian Lorenzo Bernini nel 1630 avevano fatto progetti, poi abbandonati. Si deve a Papa Clemente XII al soglio dal 1730 al 1740, l'aver dato incarico per la realizzazione all'Architetto Nicola Salvi, che aveva vinto il concorso indetto appositamente per l'edificazione della fontana a Piazza Trevi. Ci furono 2 inaugurazioni la prima volta nel 1744 sotto Papa Benedetto XIV, la seconda volta a lavori ultimati nel 1762 sotto Papa Clemente XIII, al soglio dal 1758 al 1769. L'acqua arriva al centro di Roma, grazie ad un acquedotto chiamato dell' Acqua Vergine,che ha origine nei pressi di Salone, una località a Sud-Est di Roma, secondo la leggenda la fonte fu indicata ad alcuni soldati assetati da una fanciulla romana.. La Fontana di Trevi è appoggiata a palazzo Poli, ed è orientata a sud, in modo che il sole la illumini dall'alba al tramonto. La spettacolarità sta anche nel'effetto sorpresa, in quanto si arriva alla fontana in maniera quasi inaspettata, appare come all'improvviso dai vicoli circostanti, questo era un effetto ricercato appositamente in epoca barocca (lo era anche per la Basilica di San Pietro prima dell'apertura di Via della Conciliazione). La facciata della fontana di Trevi è classicheggiante, con un gigantesco ordine di colonne, nella nicchia centrale c'è la statua di Oceano che avanza su un carro a forma di conchiglia trainato da due cavalli alati, accanto ci sono i Tritoni, figure mitologiche metà uomini e metà pesci, ai lati inquadrate da due semicolonne ci sono le statue che rappresentano l'Abbondanza e la Salubrità, Nei riquadri sovrastanti la fontana di Trevi, ci sono a sinistra Agrippa che impartisce ordini e a destra la Vergine che mostra ai soldati romani la sorgente. In alto, vicino alla scritta dedicatoria, figure allegoriche che esaltano i buoni effetti dell'acqua : la copiosità dei raccolti e la bellezza dei campi. Molto interessanti e belli gli elementi della roccia e degli alberi che sembrano come mossi dal vento, i quali si fondono insieme all'architettura dando un insieme maestoso e nel contempo armonioso. La fontana di Trevi è realizzata quasi interamente in travertino, che è un materiale poroso e per questo presenta non pochi problemi di manutenzione,. E' stata ripulita di recente ed è stata dotata di un congegno per depurare l'acqua in modo che non si formino depositi di calcare e muffe. Le monetine che bisogna gettare di spalle esprimendo un desiderio, (di spalle per evitare che si danneggi il monumento), vengono raccolte dal comune di Roma e donate in beneficenza. La fontana è stata resa ancora più celebre al mondo dal film di Federico Fellini " La dolce Vita " quando Anita Ekberg si tuffa nella vasca ed invita a fare lo stesso a Marcello Mastroianni. La Fontana di Trevi, è uno dei simboli di Roma in tutto il mondo, è celebrata sia dal punto di vista turistico che per il maestoso impatto architettonico. Ad i vari rifacimenti della fontana di Trevi parteciparono più di 12 Pontefici, il che testimonia l'entrata nel mito di questa fontana in continua evoluzione storica. La prima versione della Fontana di Trevi o Fontana dell'Acqua Vergine, erano 3 vasche addossate ad un muro con 3 ampie fistole sovrastanti che facevano ricadere l'acqua al loro interno. Rimase cosi fino al 1452 l'anno in cui la prima realizzazione della fontana venne commissionata da Papa Niccolò V a Leon Battista Alberti., per arrivare al 1733 anno in cui l'architetto Salvi completò il lavoro con l'odierno aspetto. Tra gli artisti che vi collaborarono : Giovanni Battista Maini e Pietro Bracci che scolpirono " Oceano" ed i due tritoni con i cavalli, Andrea Borgondi e Giovan Battista Grossi scolpirono i due bassorilievi di "Agrippa", Filippo della Valle scolpì le due statue che sono ai lati quella della Fertilità e della Salubrità, Paolo Benaglia è autore delle due fame che sorreggono lo Stemma della Famiglia Corsini sovrastanti l'iscrizione a Clemente XIII, le 4 statue delle quattro stagioni, subito sotto lo Stemma sono opere di Angelo Corsini, Bernardino Ludovisi, Francesco Queirolo, Bartolomeo Pincellotti. Sulla destra della fontana c'è un enorme vaso in travertino, detto "Asso di coppe", e sembra che il Salvi lo posizionò apposta in quel punto per disturbare la vista della fontana ad un barbiere che aveva li la bottega e che sembra fosse solito criticare il lavoro del Salvi. Il completamento della fontana di Trevi richiese in tutto 312 anni, tutto il merito di questa opera va senz'altro all'architetto Salvi e al suo talento e proprio grazie a Salvi tutto il mondo può ammirare questa straordinaria fontana, il Salvi ci impiegò 23 anni ad ultimare il lavori. L'enorme vasca della fontana è una simbolizzazione del mare, i turisti vi gettano le monetine per assicurarsi il ritorno a Roma, mentre la fontanella su lato sinistro della fontana chiamata "fontanina degli innamorati" sembra che dia agli innamorati il dono della fedeltà.
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