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 Ex Chiesa di S. Tommaso

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Ex Chiesa di San Tommaso, via del Ginnasio, Viterbo, in origine era chiamata chiesa della Morte in quanto qui vi era la sede della Confraternita del’Orazione e Morte che si occupava di dare degna sepoltura a chi non aveva i mezzi economici per un funerale. Questa confraternita in origine era nella chiesa di Sant’Andrea, poi si trasferì nella chiesa di Sant’Antonio in Valle e alla fine si trasferì definitivamente nella chiesa di San Tommaso, che un tempo era territorio della Chiesa di Santa Maria Nuova. La chiesa di San Tommaso aveva annessa la Loggia di San Tommaso, il palazzo con archi al piano terra, che sono sul lato sinistro, questo complesso fu edificato dalla famiglia dei Tignosi intorno all’XI secolo. Si hanno le prime notizie di questa chiesa nel 1099, poi, nel secolo successivo la chiesa passa sotto la giurisdizione  dell’Abbazia di San Martino al Cimino ed è menzionata come una delle collegiate della città di Viterbo. Tra il XIII ed il XIV secolo, la chiesa era ancora in buone condizioni, e nel 1507 viene concessa in commenda ad un Cardinale di cui si ignora il nome, mentre nel 1550 grazie agli aiuti del Comune viene restaurata. Nel periodo storico del Concilio di Trento la Chiesa di San Tommaso è unita alla chiesa di San Lorenzo, e nel 1566 le viene tolto il titolo di collegiata. Dopo 10 anni la Confraternita dell’Orazione e Morte ottiene dal Capitolo di San Lorenzo,  l’uso della chiesa e del portico annesso. Nel 1616 con l’aiuto del Cardinale Brancaccio, viene realizzata una nuova facciata, ma poi alla fine del 1800 la chiesa viene definitivamente chiusa al culto. Nel 1930 si restaura il tetto, ma la chiesa verrà adibita a magazzino e nel 1970 transennata perché pericolante Nel 2000 , finalmente, si esegue il restauro della chiesa.Purtroppo poco resta dell’impianto originario, esternamente si  può notare sulla facciata in peperino un ingresso con dei gradini,  la finestra a forma di ogiva e una grande colonna con capitello all’angolo del fabbricato,internamente un portale a tortiglione, che anticamente metteva in comunicazione la chiesa con il portico, è stato poi adattato ad ingresso laterale. Quando nel 1616 venne rifatta la facciata, furono chiuse le bifore e furono aperte delle finestre, e venne aperta una porta per dare l’accesso all’oratorio, l’interno è intonacato. Nel 1941, ci sono ancora testimonianze sul campanile, oggi scomparso, sul quale vi erano due campane risalenti una al 1760 e l’altra la più piccola al 1734. Agli inizi del 1900, la chiesa, internamente aveva una antica acquasantiera , il giglio della famiglia dei Tignosi su un capitello di una colonna, che probabilmente era parte del preesistente portico. Una pala d’altare intitolata L’incredulità di san Tommaso, oggi conservata al Museo civico, è attribuita a Salvator Rosa e datata 1638-39. vi era anche uno stendardo raffigurante Il trasporto dei morti di peste attribuito al pittore Domenico Costa. Tutte le opere documentate all’interno della chiesa, oggi sono conservate altrove, e testimoniano  l’importanza che questa chiesa  doveva aver avuto in passato, per gli abitanti della contrada e per i passanti che si recavano al Duomo di San Lorenzo.La chiesa possedeva anche un suo Gonfalone : uno stendardo raffigurante il trasporto dei morti di peste attribuito al pittore Domenico Costa, del quale purtroppo non si hanno ulteriori notizia. Gli appartenenti alla Confraternita dell’Orazione e Morte, erano coperti con un sacco nero semplice senza alcun lusso, con maniche larghe, cinto con un cordone di filo o corda nero, non di seta, con i nodi simili a quelli dell’Ordine di San Francesco. Sulla spalla sinistra verso il petto il segno della croce sopra la testa di morte con due ossa sopra i monti e gli orologi.

Antica Confraternita dell’Orazione e  Morte, che diede il nome alla piazza da Nova, a San Tommaso a piazza della Morte, la confraternita dal 1574 si insediò nella Chiesa San Tommaso, su via del Ginnasio,  questa confraternita si era data lo scopo di dare sepoltura ai molti cadaveri abbandonati nelle campagne circostanti in quanto le famiglie contadine non avevano la disponibilità economica per organizzare le onoranze funebri.

Ordine dei frati Domenicani, è un ordine mendicante fondato da San Domenico di Guzman nel 1215 a Tolosa, chiamato anche Ordine dei Predicatori, i frati che ne fanno parte pospongono al loro nome la sigla O.P. San Domenico di Guzman nel 1203 accompagnò il vescovo Diego de Acevedo in missione diplomatica per conto di Alfonso VIII di Castiglia presso Valdemaro II di Danimarca, e al ritorno attraversando la Linguadoca si accorse della diffusione dell’eresia albigese, decise quindi di unirsi ai legati inviati da Papa Innocenzo III per ricondurre gli eretici alla Chiesa cattolica. Gli eretici albigesi negavano la divinità e l'umanità di Cristo, attribuendogli la qualifica di semplice maestro, ripudiavano l'Antico Testamento, attribuivano la creazione del mondo a un essere malvagio, odiavano la chiesa cattolica perché corrotta con la donazione di Costantino, ed inoltre volevano che la chiesa fosse sostituita dalla loro setta, ritenevano che la materia ed il corpo fossero malvagi e si rifugiavano nell’ascetismo e nel digiuno per liberare l’anima dal male. Nel 1207 San Domenico fondò a Notre-Dame-de-Prouille, presso Fanjeaux, un monastero femminile, dove si stanziarono delle ragazze convertite. San Domenico rifiutò di partecipare alla Crociata di Papa Innocenzo III contro questa setta di eretici, e con alcuni suoi compagni iniziò la sua opera di predicatore. Nel 1216 Papa Onorio II approvò la sua opera missionaria. Dopo l'approvazione ufficiale del papa i frati Predicatori si diffusero in tutta Europa, principalmente nelle città dove stavano sorgendo le prime università, Bologna e Parigi che avranno un forte sviluppo anche grazie ai frati predicatori. Come richiesto dal concilio Lateranense IV i frati dovettero adottare una regola preesistente; optarono per la Regola Agostiniana, tradizionalmente attribuita a Sant’Agostino, tra i primi conventi del XIII secolo in Italia, si ricordano quelli di Bologna, Forlì, Piacenza, Pistoia. L’ordine domenicano di Guzman come una sorta di litania recitava preghiere in onore della Vergine codificata dal Monaco certosino Domenico di Prussiac, in seguito la preghiera del rosario  venne codificata dal domenicano francese André de la Roche e venne ripreso successivamente dalla riforma liturgica voluta dal papa Pio V, anche lui domenicano.I frati domenicani erano votati al carisma della predicazione, un ufficio allora molto raro, perché riservato quasi esclusivamente ai vescovi e ai pochi sacerdoti che avevano ricevuto un'istruzione adeguata. Questo mandato di predicazione,concesso dal papa a tutti i frati, fu una grossa risorsa per la Chiesa cattolica, la quale  mancava di una vera predicazione legata ad una vita povera: visto che ai vescovi non era richiesto alcun voto di povertà. I Domenicani, predicavano il Vangelo, facevano vita in comune, seguivano i voti di studio, di obbedienza, povertà e castità. San Domenico istituì la regola della “dispensa”, ovvero un superiore poteva dispensare temporaneamente un frate dall'osservanza di una qualche regola proprio per favorire una predicazione più efficace. Questo mandato di predicazione unito alla povertà mendicante fu una grossa risorsa per la Chiesa medioevale, la quale si doveva scontrare con la poco esemplare vita del clero del XIII secolo e le conseguenti accuse dei gruppi ereticali e riformatori popolari, come i catari o i valdesi. Ancora oggi i domenicani vivono la loro testimonianza nella Chiesa soprattutto con l'insegnamento e la predicazione. I frati domenicani indossano un abito totalmente bianco, formato da una tonaca alla quale è sovrapposto uno scapolare e un cappuccio, sopra una cappa di colore nero con cappuccio nero completa l’abito. Il loro stemma è la croce domenicana, vi sono due tipologie rese ufficiali nel XVI secolo: uno stemma : Grembiato di nero e d'argento di 8 pezzi caricato dalla croce gigliata dell'uno e dell'altro; spesso vi è una bordura composta di 8 pezzi di nero e d'argento, caricata di 8 stelle alternate a 8 bisanti dell'uno e dell'altro. Questa complessa composizione è detta anche Croce domenicana, l’altro stemma è : Cappato d'argento o di bianco e di nero gambato del medesimo, e una palma d'oro e un giglio, i capi passanti in decusse in una corona d'oro broccante sul tutto; una stella a 6 o 8 raggi d'oro in alto del capo; l'argento caricato di un libro di rosso, sul quale è coricato un cane di nero con collare d'argento poggiante la zampa sopra un globo imperiale d'azzurro centinato e sormontato da una croce d'oro, stringente in bocca una torcia di nero accesa di rosso .La croce domenicana, priva dello scudo esterno, fu usata principalmente in Spagna, raramente in Italia. Lo stemma dei Domenicani fu  assunto come distintivo dall' Inquisizione. La croce gigliata, in epoca recente, finì per sostituire l'antico stemma con la cappa senza che nessuna disposizione specifica fosse emanata circa l'uso dell'una o dell'altra insegna araldica; soltanto nel Capitolo generale tenuto a Bologna nel 1961 lo scudo cappato è stato dichiarato insegna ufficiale dell'Ordine. Dopo varie discussioni e l'istituzione di un' apposita commissione il Capitolo di Bogotà del 1965 dava la facoltà di usare indiscriminatamente lo stemma cappato o crociato. il colore ed i simboli utilizzati rimandano alla storia dell'ordine.  Il bianco e il nero sono il colore dell'abito e della cappa dei Domenicani. Per la foggia del cappato lo scudo assomiglia a quello dei Carmelitani (che però hanno il mantello bianco sull'abito marrone).  Il bianco è simbolo di purezza e castità, mentre il nero di rinuncia e di penitenza.La stella, per la tradizione domenicana, è simbolo di predestinazione e segno personale di san Domenico, poiché si narra che, nel giorno del battesimo, la madrina vide risplendere una fulgida stella sulla fronte del Santo. Il giglio è invece simbolo di integrità e moralità, mentre la palma rappresenta, come ideale, il martirio ed insieme la purezza e l'eroismo della fede. La corona araldica allude al premio delle virtù umane. Nel XVI secolo vennero aggiunte altre figure: un cane e una fiaccola.  Il cane rappresenta la fedeltà al messaggio evangelico, mentre la fiaccola simboleggia la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli per opera dei Frati Predicatori. Questa immagine ri riferisce ad un racconto legato alla vita di San Domenico. Si narra infatti che la madre, al momento del parto, abbia avuto la visione di un cane, con una fiaccola fiammeggiante tra le fauci, che correva illuminando il mondo. I Frati di San Domenico, i Domenicani Domini canes, nell'espressione popolare, sono anche i cani del Signore, ossia i difensori della verità che azzannano gli eretici e difendono il gregge di Cristo.  Il globo è simbolo della diffusione della fede nel mondo intero. Completa lo stemma il motto: Laudare, Benedicere, Praedicare tolto dal più antico Prefazio mariano. Tale motto venne adottato nel 1656 e collocato nello stemma crociato alla fine del XIX secolo, quando su di esso si aggiunse anche la parola Veritas. I domenicani possono essere sia uomini che donne, ci sono i frati, le monache e le suore contemplative, ed i laici, donne ed uomini, che pur non consacrandosi fanno parte integrante dell'Ordine e del carisma domenicano ed operano in collaborazione con i frati. Tra i santi domenicani si annovera San Tommaso d’Aquino che per un periodo fu a Viterbo. Poiché per confutare le dottrine eterodosse era necessario che i predicatori, oltre a essere esemplarmente poveri, avessero anche una solida preparazione culturale, i conventi domenicani divennero importanti centri di studi teologici e biblici:appartennero all'ordine alcuni dei più importanti teologi medievali, come San Tommaso d'Aquino e Alberto Magno. Domenico si ammalò e morì a Bologna il 6 agosto 1221 Durante il Medioevo molti domenicani si dedicarono all'adattamento delle dottrine aristoteliche alla teologia cristiana. I più eminenti furono in particolare Sant'Alberto Magno e San Tommaso d'Aquino. Molti domenicani ricoprirono compiti di rilievo e spesso erano membri di quest'ordine a formare i tribunali dell'Inquisizione. Per il loro zelo vennero soprannominati anche Domini canes («cani del Signore»). I domenicani, furono tra i principali ordini che operarono un notevole rinnovamento religioso, filosofico e culturale nel panorama europeo del XII secolo, insieme ai francescani, seppure talvolta in competizione con quest'ultimi. Tra i loro interessi vi fu anche l'alchimia, in quanto appartenente al campo della filosofia naturale , I primi alchimisti medievali furono proprio francescani e domenicani, poiché essi trovavano nell'alchimia gli aspetti che più li interessavano: per i domenicani era una teoria naturalistica nella quale erano compresi e spiegati sia i termini fisici che quelli metafisici. I francescani insegnavano un'alchimia che era quasi la continuazione della vita ascetica e contemplativa e strumento del rinnovamento spirituale del mondo. E’ un ordine di predicatori, caratteristica principale è la predicazione per la salvezza delle anime. Oggetto focale della predicazione domenicana è la figura di Cristo redentore, causa meritoria della salvezza umana: il carattere cristocentrico di tale spiritualità è dimostrato dalla devozione dei frati per la passione di Gesù (uno dei principali promotori della pratica della Via Crucis fu il domenicano Alvaro da Cordova, che l'introdusse nel convento di Cordova) e per l'Eucaristia (Tommaso d'Aquino compose l'ufficio liturgico per la festa del Corpus Domini). Perché avvenga la predicazione importante nella vita dei frati domenicani è lo studio e la preghiera, sia individuale sia corale: si trasmette quanto sì è contemplato. Altra caratteristica importante è la vita comunitaria.  Peculiare è anche la devozione mariana in quanto Maria nel cristianesimo è la madre della Parola di Dio fatta carne; tale devozione era forte già nel fondatore ed è stata propagata da Pietro da Verona attraverso la creazione di numerose confraternite; i domenicani Alano de la Roche e Jacob Sprenger furono tra i principali promotori della pratica del Rosario (o salterio della Beata Vergine) e tale devozione ebbe un notevole impulso sotto il pontificato del papa domenicano Pio V, che la collegò alla vittoria sui turchi a Lepanto.I domenicani, particolarmente padre Marie-Jean-Joseph Lataste, promossero l'inserimento del nome di san Giuseppe nel canone della messa e spinsero papa Pio IX a proclamarlo patrono della Chiesa universale. Ebbero un ruolo importante anche nella diffusione della devozione per le anime del Purgatorio: la pratica delle tre Messe in suffragio da celebrarsi il 2 novembre, divenuta prassi universale nella Chiesa cattolica, ebbe origine nel XV secolo nel convento domenicano di Valencia. l capo dell'ordine è il Maestro generale dell'Ordine dei predicatori, che detiene il potere esecutivo: viene eletto dal Capitolo generale con un mandato di nove anni (fino al 1804 la carica era a vita). Pur presiedendo il Capitolo generale, il maestro è soggetto alla sua autorità, è tenuto ad applicarne i decreti e può essere da esso deposto. Il Capitolo generale, composto dai rappresentanti di tutto l'ordine, detiene la suprema autorità legislativa: tale organismo, convocato e presieduto dal maestro, si riunisce triennalmente e ne fanno parte tre rappresentanti di ogni provincia (il priore provinciale, un definitore e un suo socio). La sede del Maestro dell'ordine e della curia generalizia è presso il convento di Santa Sabina all'Aventino, in piazza Pietro d'Illiria a Roma. Amministrativamente, l'ordine è diviso in province, governate da un priore provinciale eletto con mandato quadriennale dal Capitolo provinciale, che si riunisce ogni quattro anni ed è composto dai rappresentanti dei frati della provincia; i singoli conventi sono retti da un priore conventuale eletto con mandato triennale dal Capitolo conventuale. I priori provinciali e conventuali, pur essendo eletti, non possono essere deposti dai rispettivi capitoli (tale facoltà è riservata al superiore del livello più alto). Un particolare dei frati domenicani è la  tonsura, ovvero radersi i capelli lasciando un cerchio pelato in mezzo alla testa, e di portare il rosario alla cintura Nel 1968 venne abolita la tonsura e ai maestri provinciali venne data facoltà di concedere ai frati il permesso di indossare anche abiti secolari fuori dai conventi. I domenicani si dedicano principalmente al tradizionale ministero della predicazione (sia con la parola che con lo scritto) che si concretizza in varie forme: missioni popolari, ritiri spirituali, corsi di formazione religiosa, comunicazione sociale, insegnamento, studio, ricerca scientifica e culturale, editoria. Propagano particolarmente le devozioni al nome di Gesù e del rosario (attraverso la promozione confraternite, congressi)  I principali centri di studio sono la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, eretta a Roma nel 1580, trasformata in ateneo Angelicum nel 1909 e decorata del titolo di Pontificia Università da papa Giovanni XXIII (motu proprio Dominicanus ordo del 7 marzo 1963), che comprende le facoltà di teologia, filosofia, diritto canonico e scienze sociali. Gli studiosi domenicani hanno esercitato una notevole influenza su tutta la riflessione teologica della seconda metà del XX secolo: i teologi "progressisti" parteciparono e diedero un importante contributo al Concilio Vaticano II.  I frati domenicani stampano e dirigono numerosi periodici a carattere scientifico, culturale o popolare. (sunto da Wikipedia)

San Tommaso D’Aquino,a lui era dedicata la chiesa di San Tommaso a via del Ginnasio, Viterbo, oggi sconsacrata, oltre al pulpito di San Tommaso, di fianco alla chiesa di Santa Maria nuova, ed una via a Viterbo, è intitolata al Santo.Tommaso d'Aquino nacque nel 1225 a Roccasecca, famiglia dei Conti D’Aquino, nella contea di Aquino, territorio dell'odierna Roccasecca, del Regno di Sicilia nel 1225 e morì all’Abbazia di Fossanova, 7 marzo 1274 è stato un religioso, teologo, filosofo e accademico italiano. Frate domenicano esponente della Scolastica, era definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa. San Tommaso rappresenta uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Socrate, Platone e Aristotele, e poi passati attraverso il periodo ellenistico, specialmente in autori come Plotino. Fu allievo di sant'Alberto Magno. Il castello paterno di Roccasecca rimane ancora oggi il luogo più accreditato della sua nascita, figlio di Landolfo d'Aquino e di Donna Teodora Galluccio, nobildonna teanese appartenente al ramo Rossi della famiglia napoletana dei Caracciolo. Secondo le usanze del tempo Tommaso, essendo il figlio più piccolo, era destinato alla vita ecclesiastica e proprio per questo a soli cinque anni fu inviato come oblato nella vicina Abbazia di Montecassino, di cui suo zio era abate, per ricevere l'educazione religiosa. In quegli anni l'abbazia si trovava in un periodo di decadenza e costituiva una preda contesa dal Papa e dall'imperatore. Ma il trattato di San Germano, concluso tra il Papa Gregorio IX e l'imperatore Federico II il 23 luglio 1230, inaugurava un periodo di relativa pace ed è proprio allora che si può collocare l'ingresso di Tommaso nel monastero. In quel luogo Tommaso ricevette i primi rudimenti delle lettere e fu iniziato alla vita religiosa benedettina. Ma a partire dal 1236 la calma di cui godeva il monastero fu nuovamente turbata e Landolfo, consigliato dal nuovo abate, Stefano di Corbario, volle mettere al riparo il figlio dai disordini e inviò Tommaso, oramai adolescente, a Napoli, perché potesse seguire degli studi più approfonditi. Così nell'autunno del 1239, a quattordici o quindici anni, Tommaso si iscrisse al nuovo Studium generale, l'Università degli studi fondata nel 1224 da Federico II per formare la classe dirigente del suo Impero. Fu proprio a Napoli, dove nel 1231 era stato fondato un convento, che Tommaso conobbe i Domenicani, ordine in cui entrò a far parte e in cui fece la sua vestizione nell'aprile del 1244.Ma l'ingresso di Tommaso presso i Frati predicatori comprometteva definitivamente i piani dei suoi genitori riguardo al suo futuro incarico di abate di Montecassino. Così la madre inviò un corriere ai suoi figli, che in quel periodo stavano guerreggiando nella regione di Acquapendente, perché intercettassero il loro fratello e glielo conducessero. Essi, accompagnati da un piccolo drappello, catturarono facilmente il giovane religioso, lo fecero salire su di un cavallo e lo condussero al Castello di Monte San Giovanni Campano, un castello di famiglia ove fu tenuto prigioniero per due anni. Qui tutta la famiglia tentò di far cambiare idea a Tommaso, ma inutilmente. Tuttavia bisogna precisare che egli non fu né maltrattato né rinchiuso in qualche prigione, si trattava piuttosto di un soggiorno obbligato, in cui Tommaso poteva entrare e uscire a piacimento e anche ricevere visite. Ma prendendo atto che Tommaso era ben saldo nella sua risoluzione, la sua famiglia lo restituì al convento di Napoli nell'estate del 1245. I Domenicani di Napoli ritennero che non fosse sicuro trattenere presso di loro il novizio e lo inviarono a Roma dove si trovava il maestro dell'Ordine, Giovanni Teutonico, il quale stava per partire alla volta di Parigi, dove si sarebbe celebrato il Capitolo generale del 1246. Egli accolse Tommaso inviandolo prima a Parigi e poi a Colonia, dove c'era un fiorente Studium generale sotto la direzione di fra Alberto, il futuro sant'Alberto Magno, maestro in teologia, il quale era ritenuto sapiente in tutti i campi del sapere. Nell'autunno del 1245 Tommaso, al seguito di Giovanni Teutonico, si sarebbe dunque messo in viaggio per Parigi e vi avrebbe trascorso gli anni 1246-1247 e la prima parte del 1248, cioè tre anni scolastici Nel 1248 partì per Colonia con fra' Alberto, presso il quale continuò il suo studio della teologia e il suo lavoro di assistente. Il soggiorno di Tommaso a Colonia, al contrario di quello a Parigi, non è mai stato messo in dubbio, poiché è ben testimoniato dalle fonti. Il 7 giugno 1248 il capitolo generale dei Domenicani riunito a Parigi decise la creazione di uno studium generale a Colonia, città nella quale esisteva già un convento domenicano fondato nel 1221-1222 da fra' Enrico, compagno di Giordano di Sassonia. L'incarico di insegnare venne affidato a fra Alberto, la cui reputazione in quel periodo era già notevole. Questo soggiorno a Colonia costituì una tappa decisiva nella vita di Tommaso. Per quattro anni, dai 23 ai 27 anni, Tommaso poté assimilare profondamente il pensiero di Alberto. Un esempio di questa influenza lo troviamo nell'opera nota con il nome di Tabula libri Ethicorum, la quale si presenta come un lessico le cui definizioni sono molto spesso delle citazioni quasi letterali di Alberto. Quando il Maestro Generale dei Domenicani domandò ad Alberto di indicargli un giovane teologo che potesse essere nominato baccelliere per insegnare a Parigi, Alberto gli propose Tommaso che stimava sufficientemente preparato in scientia et vita. Sembra che Giovanni Teutonico abbia esitato per via della giovane età del prescelto, 27 anni, perché secondo gli statuti dell'Università egli avrebbe dovuto averne 29 per poter assumere canonicamente quest'impegno. Fu grazie alla mediazione del cardinale Ugo di Saint-Cher che la richiesta di Alberto fu esaudita e Tommaso ricevette quindi l'ordine di recarsi subito a Parigi e di prepararsi a insegnare. Egli iniziò il suo insegnamento come baccelliere nel settembre di quello stesso anno, cioè del 1252, sotto la responsabilità del maestro Elia Brunet de Bergerac che occupava il posto lasciato vacante a causa della partenza di Alberto. A Parigi Tommaso trovò un clima intellettuale meno tranquillo di quello di Colonia. Ancora nel 1250 era vietato commentare i libri di Aristotele, ma tra il 1252 e il 1255, durante la prima parte del soggiorno di Tommaso, la Facoltà delle Arti avrebbe finalmente ottenuto il permesso di insegnare pubblicamente tutti i libri del grande filosofo greco. Tra il 1259 e il 1268 fu nuovamente in Italia, impegnato nell'insegnamento e negli scritti teologici: fu prima assegnato a Orvieto, come lettore, vale a dire responsabile per la formazione continua della comunità. Qui ebbe il tempo per completare la stesura della Summa contra Gentiles (iniziata nel 1258) e della Expositio super Iob ad litteram (1263-1265). Inoltre qui Tommaso, che non conosceva direttamente il greco in maniera sufficiente a leggere i testi di Aristotele in originale, si poté avvalere dell'opera di traduzione di un confratello, Guglielmo di Moerbeke, eccellente grecista. Guglielmo rifece o rivide le traduzioni delle opere di Aristotele e pure dei principali commentatori greci (Temistio, Ammonio, Proclo). Alcune fonti riportano addirittura che Guglielmo avrebbe tradotto Aristotele dietro richiesta (ad istantiam) di Tommaso stesso. Il contributo di Guglielmo, anche lui in Italia come Tommaso dopo il 1260, fornì a Tommaso un prezioso apporto che gli permise di redigere le prime parti dei Commenti alle opere di Aristotele, spesso validi ancora oggi per la comprensione e discussione del testo aristotelico.Tra il 1265 e il 1268 fu inviato a Roma come maestro reggente. Durante il suo soggiorno, assegnato alla formazione intellettuale di giovani domenicani, Tommaso cominciò a scrivere la Summa Theologiae e compilò numerosi altri scritti su varie questioni economiche, canoniche e morali. Durante questo periodo, ebbe l'opportunità di lavorare con la corte papale (che non era residente a Roma). Nel secondo periodo di insegnamento a Parigi (1268-1272), la sua occupazione principale fu l'insegnamento della Sacra Pagina e proprio a questo periodo risalgono alcune delle sue opere più celebri, come i commenti alla Scrittura e le Questioni Disputate. Anche se i commenti al Nuovo Testamento restano il cuore della sua attività, egli si segnala anche per la varietà della sua produzione, come ad esempio la scrittura di diversi brevi scritti (come ad esempio il De Mixtione elementorum, il De motu cordis, il De operationibus occultis naturae) e per la partecipazione alle problematiche del suo tempo: che si tratti di secolari o dell'averroismo vediamo Tommaso impegnato su tutti i fronti. A questa multiforme attività bisogna aggiungere un ultimo tratto: Tommaso è anche il commentatore di Aristotele. Tra queste opere ricordiamo: l' Expositio libri Peri ermenias, l' Expositio libri Posteriorum, la Sententia libri Ethicorum, la Tabula libri Ethicorum, il Commento alla Fisica e alla Metafisica. Vi sono poi anche delle opere incompiute, come la Sententia libri Politicorum, il De Caelo et Mundo, il De Generatione et corruptione, il Super Meteora. Fu quindi richiamato in Italia a Firenze per il Capitolo generale dell'Ordine dei Domenicani, secondo dopo quello del 1251. Nella primavera del 1272 Tommaso lasciò definitivamente Parigi e poco dopo la Pentecoste di quello stesso anno (12 giugno 1272) il capitolo della provincia domenicana di Roma gli affidò il compito di organizzare uno Studium generale di teologia, lasciandolo libero di scegliere il luogo, le persone e il numero degli studenti. Ma la scelta di Napoli era già stata designata da un precedente capitolo provinciale ed è anche verosimile che Carlo I d'Angiò abbia fatto pressione perché venisse scelta la sua capitale come sede e che a capo di questo nuovo centro di teologia venisse insediato un maestro di fama. Tommaso D'Aquino abitò per oltre un anno a San Domenico Maggiore nell'ultimo periodo della sua vita, lasciandovi scritti e reliquie.Gli fu offerto l'arcivescovado di Napoli, che non volle mai accettare, preferendo vivere in umiltà. La famiglia D'aquino era in rapporti con Federico II di Svevia che aveva istituzionalizzato la Scuola Medica Salernitana, primo centro di fruizione culturale degli scritti medici e filosofici di Avicenna e Averroè, noti al Dottore Angelico. Stabilendosi presso la sorella Teodora al Castello dei Sanseverino, tenne una serie di lezioni straordinarie nella celebre Scuola Medica che aveva sollecitato l'onore ed il decoro della parola dell'Aquinate. A memoria del suo soggiorno, nella Chiesa di San Domenico si conservano la reliquia del suo braccio e le spoglie delle sorelle. Il 29 settembre 1273 partecipò al capitolo della sua provincia a Roma in qualità di definitore. Ma alcune settimane più tardi, mentre celebrava la Messa nella cappella di San Nicola, Tommaso ebbe una sorprendente visione tanto che dopo la messa non scrisse, non dettò più nulla e anzi si sbarazzò persino degli strumenti per scrivere. A Reginaldo da Piperno, che non comprendeva ciò che accadeva, Tommaso rispose dicendo: «Non posso più. Tutto ciò che ho scritto mi sembra paglia in confronto con quanto ho visto». Alla fine di gennaio del 1274 Tommaso e il socius si misero in viaggio per partecipare al Concilio che Gregorio X aveva convocato per il 1º maggio 1274 a Lione. Dopo qualche giorno di viaggio arrivarono al castello di Maenza, dove abitava sua nipote Francesca. È qui che si ammalò e perse del tutto l'appetito. Dopo qualche giorno, sentendosi un po' meglio, tentò di riprendere il cammino verso Roma, ma dovette fermarsi all'abbazia di Fossanova per riprendere le forze. Tommaso rimase a Fossanova per qualche tempo e tra il 4 e il 5 marzo, dopo essersi confessato da Reginaldo, ricevette l'eucaristia e pronunciò, com'era consuetudine, la professione di fede eucaristica. Il giorno successivo ricevette l'unzione dei malati, rispondendo alle preghiere del rito. Morì di lì a tre giorni, mercoledì 7 marzo 1274, alle prime ore del mattino dopo aver ricevuto l'Eucaristia. Le spoglie di Tommaso d'Aquino sono conservate nella chiesa domenicana detta Les Jacobins a Tolosa. La reliquia della mano destra, invece, si trova a Salerno, nella chiesa di San Domenico; il suo cranio si trova invece nella concattedrale di Priverno, mentre la costola del cuore nella Basilica concattedrale di Aquino. S. Tommaso d’Aquino visse in diverse occasioni a Viterbo, tra 1256 e 1268. Prendeva alloggio, si ritiene, nel monastero domenicano di S. Maria in Gradi, che nella prima metà del XIII secolo era una delle più funzionali organizzazioni religiose nell’area. Non è escluso che sia transitato da Viterbo all’epoca della fuga giovanile, quando i suoi fratelli, accampati presso Acquapendente, lo catturarono presso Bolsena. Insegnò a Parigi (1256-59), ma in seguito assunse la carica di teologo papale presso la corte pontificia, pertanto si mosse al suo seguito dal 1259 al 1268, tra Roma, Orvieto e Viterbo. Dal 1258 Viterbo ospitò la Curia pontificia per circa 30 anni; Tommaso seguì il pontefice e lavorava nello Studio Palatino, presso la curia. Non ne possiamo essere certi ma tradizione vuole che il santo predicasse dal cosiddetto pulpito di S. Tommaso, alla chiesa di S. Maria Nuova, presso l’angolo sinistro esterno della facciata Altra memoria di S. Tommaso nel viterbese è la cosiddetta Bibbia di San Tommaso, recentemente restaurata, dove alcune glosse sono state ipotizzate autografe del santo aquinate. In realtà, gli studi hanno escluso questa possibilità, ma la denominazione resta tale.( tratto dai siti : wikipedia e aquinas)

Pulpito Chiesa Santa Maria Nuova, Viterbo, All’angolo sinistro, guardando la facciata, si erge un pulpito sorretto da una colonna dedicato a San Tommaso D’Aquino, il quale su richiesta di Papa Clemente IV nel 1266 predicò spesso ai Viterbesi esortandoli alla pace con Orvieto. Il piccolo pulpito è in peperino sul lato del parapetto, rivolto verso la facciata della chiesa, è inciso An(no) D(omini) MCCLXVII / D(ominus) Thomas Aq(uinas); ossia Nell’anno del Signore 1267 [qui predicò] padre Tommaso d’Aquino, a ricordo della venuta del santo aquinate. Giuseppe Signorelli dimostra che san Tommaso venne a Viterbo nel 1266, ma l’epigrafe ne riporta la data un anno dopo. Sembra sia stata scolpita più tardi, forse nella seconda metà secolo XV, quando il Santo aveva raggiunto la sua fama di predicatore. Il pulpito venne riparato nel 1974, perché urtato da un autocarro e gravemente danneggiato, poi nel Dicembre del 1976 è stato di nuovo restaurato Qui sempre sul lato esterno della chiesa c’è un portale laterale, che affaccia su via Santa Maria Nuova,  ed in alto un frammento di marmo del VI secolo

Fondo Archivistico:  Fondo della Confraternita della Morte
Bibliografia: Giuseppe Signorelli,  La loggia ed il palazzo di S. Tommaso. Bollettino Municipale, 1932 - 39, pag. 3-6. Luciano Osbat, La Confraternita dell'Orazione e Morte di Viterbo. Traccia per una conferenza, Viterbo, 10 maggio 2013, La Rosa. Strenna Viterbese, Viterbo, Sperandio Pompei,1886.

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