Via Niccolò della Tuccia Vie di Viterbo, Piazze di Viterbo, Viterbo, info e foto a cura di Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Viterbo |
via niccolò della tuccia viterbo centro storico | |||||||||||||||||||||||
VIA NICCOLO'DELLA TUCCIA |
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Niccolò della Tuccia
Guida Turistica Viterbo
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Via
Niccolò della Tuccia, Viterbo centro storico,
vi si arriva da via Mazzini e da via della
Verità, la via è dedicata al cronista del
quattrocento, la cui casa si trovava in questa
zona nei pressi di Porta della Verità Niccolò della Tuccia Niccolò della Tuccia, a lui è dedicata una via a Viterbo nei pressi di Porta della Verità a via della Verità, nacque a Viterbo il 1° Novembre del 1400, scrisse il libro “Le Cronache di Viterbo”, da questo testo si possono trarre alcune notizie sulla sua vita. Questo libro venne pubblicato dalle Edizioni I. Ciampi nel 1872. Niccolò della Tuccia a poco più di 20 anni tra il 1420 e il 1421 fu parte della milizia che costrinse la località di Soriano ad arrendersi alla Chiesa. In quel periodo rimase affascinato dalle predicazioni a Viterbo di Fra Bernardino da Siena, e con altri viterbesi lo accompagnò fino a Roma. Dai sui scritti ci racconta che abitava nei pressi della Porta di San Mattia della Botte, in realtà questa citazione è un errore de’editore Ciampi, in quanto nel suo libro conservato nella Biblioteca degli Ardenti si legge : “habitai presso la Porta di S. Mattheo dell’Abate, in una casa ove sta uno chiostro con una fontanella; et capo schale sopra detta fonte feci fare de novo me Nichola sopradetto”. L sua attività era di mercante, ebbe a Viterbo incarichi importanti , tra questi cinque priorati tra il 1452 e il 1467. Durante questi incarichi si occupò del soggiorno dell’Imperatore Federico III a Viterbo, diretto a Roma per l’incoronazione imperiale, e quando poi Federico III rientrò a Viterbo fu uno dei portatori del suo baldacchino sotto il quale camminava l’imperatore. Nel 1456 Niccolò della Tuccia cercò, senza grande successo, di riportare la pace a Viterbo, sempre sconvolta dalle annose lotte tra guelfi e ghibellini. In occasione del priorato del 1458 troviamo il ricordo compiaciuto di essere stato ritratto, insieme con vari magistrati, in una grande tavola dedicata alla Madonna; ma questa tavola è andata perduta, mentre miglior fortuna ha avuto un altro ritratto, nel quale il Della Tuccia, ormai settantenne, è ritratto in un affresco che si trova nella chiesa di Santa Maria della Verità in Viterbo. Nel 1459 Niccolò della Tuccia con altri viterbesi contribuì al restauro delle mura e delle torri e alla costruzione del nuovo palazzo del Comune. Si recò spesso a Roma e fu presente nel 1450 quando durante il Giubileo assistette al disastro di Ponte Sant’Angelo, che crollò per l’enorme affollamento di persone. Probabilmente morì tra il 1473 o il 1474. Nel suo libro “Cronache di Viterbo”, scrive solo delle vicende di Viterbo dalle origini fino alla sua morte,mentre in un altro libro narra le vicende italiane. Dallo stesso Della Tuccia sappiamo che le prime cronache da lui seguite furono quelle di due viterbesi della famiglia Tignosi: Gotofredo, creato vescovo di Viterbo nel 1184, e Lancilotto, che continuò il racconto di Gotofredo fino al 1255. Per quanto riguarda gli anni successivi al 1255, è probabile che dapprima il abbia seguito il racconto di un certo mastro Geronimo medico, mentre è sicuro, per sua stessa testimonianza, che poi attinse dalla cronaca di Cola di Covelluzzo, al quale, con i primi anni del Quattrocento, subentrò direttamente nella narrazione, fissando quanto di più notevole vide accadere durante il corso della sua vita. Per questo si può concludere che mentre del primo libro soltanto le vicende dei sec. XV (le quali però occupano quasi due terzi dell'intero libro) sono cronaca dovuta tutta all'esperienza personale del Della Tuccia., il secondo, partendo, come si è detto, dal 1417 e in particolare da un accenno al concilio di Costanza, risale completamente al Della Tuccia. Fra i due libri c'è, in generale, una corrispondenza sostanziale e formale nella conduzione del racconto; tuttavia è da rilevare il fatto che mentre il primo fino a tutta la metà del secolo XV, e anche un po' oltre, si presenta di solito come schematica registrazione annalistica di fatti, quasi un diario aggiornato soltanto per le notizie che di anno in anno sembrava più opportuno tramandare, il secondo ha più l'aspetto di una narrazione continuata di cose importanti, rimeditate a distanza di tempo, e quindi inserite in una riflessione più attenta e in una prospettiva più vasta. Altro elemento di differenziazione, del resto naturale, è costituito dalle frequenti, e talvolta ampie, lacune di fatti: esse sono di gran lunga più numerose ed estese nel primo libro, specie nella parte iniziale desunta da precedenti cronache o da tradizioni più o meno favolose, mentre il secondo libro appare più completo. Si deve però riconoscere che in tanta pluralità di vicende narrate non sempre le notizie sono esatte, sia per quanto attiene alle date sia per quanto riguarda il reale svolgimento dei fatti; ma anche in questa condizione le Cronache del D. hanno una loro validità per la conoscenza della storia di Viterbo. Porta della Verità Porta della Verità o dell’Abate o San Matteo, Viterbo, chiamata anche porta dell’Abbate, La porta prende il nome dalla vicina chiesa di Santa Maria della Verità. Anticamente era chiamata porta dell'Abate per la vicinanza dell'abbazia della suddetta chiesa ed anche di porta San Matteo per la piccola chiesa dedicata a questo santo che sorgeva non molto lontano. Sulla porta campeggia un grande stemma di papa Benedetto XIII affiancato da altri due stemmi più piccoli del governatore Oddi e del vescovo Sermattei oltre allo stemma del Comune di Viterbo. In basso due stemmi del comune. Una grande epigrafe, sulla facciata, ricorda la storia della porta. L’aspetto attuale lo si deve ad una ricostruzione del 1728, sopra vi sono i merli ghibellini, che si affiancano a quelli guelfi delle mura. All’interno una lapide di marmo ricorda la sanguinosa battaglia dei garibaldini del 1867, da questa porta fino a porta Romana si vedono l’alternarsi delle torri e i vari periodi costruttivi delle mura.vedi Porta della Verità. Chiesa Santa Maria della Verità
Chiesa Santa Maria della Verità Chiesa di Santa Maria della Verità, si trova fuori le mura di Viterbo, al’altezza di Porta della Verità, la sua edificazione si deve ad alcuni monaci della Francia, poi, verso la metà del Duecento passò all’ordine dei Frati francescani dell’ ordine Serviti di Monte Senario, rimase a loro fino al 1872, anno in cui a seguito dell’Unità d’Italia, gli ordini monastici passarono di proprietà del comune, il quale destinò la chiesa a Museo Civico, ed il convento ed il suo chiostro divennero sede dell’Istituto Tecnico Paolo Savi. Nel XV secolo l’edificio venne riedificato cosi come lo vediamo oggi. La chiesa oggi riaperta a culto, presenta l’interno a croce latina, l’incrocio tra la navata centrale e quella trasversale ha una copertura con volte ed archi a sesto acuto, il resto della copertura è a tetto. Una tradizione orale, d'altra parte sconfessata da ricerche storiche , narra comunque che nel 1446 tre fanciulli, chiamati dal cronista mammilini, entrano nella chiesa e vedono la Madonna, descritta dai medesimi come una bellissima signora che li intrattiene amorevolmente. Essi tornano nella chiesa alcuni giorni dopo e vedono la madonna tutta vestita di bianco, presso l'altare a Lei dedicato; ai suoi piedi un uomo prostrato che si flaggella e chiede perdono. I ragazzi corrono in città e narrano l'accaduto, la gente accorre e pur non vedendo nulla grida al miracolo. Interviene il vescovo che fa chiamare i ragazzi e nell'intento di appurare i fatti li minaccia, alcuni dicono che li abbia addirittura fatti frustare, ma essi rimangono fermi sulle loro posizioni continuando a ripetere: "verità, verità..." e appunto con il nome della Verità fu chiamata da allora la chiesa.L'intero complesso subì un pesante bombardamento durante l'ultima guerra. Ricostruito fu riaperto come museo, i locali del convento, nel 1955, e nel 1961 riaprì anche la chiesa che tornò al culto come parrocchia di Santa Maria della Verità. Da notare alla destra della navata centrale la Cappella Mazzatosta, fatta edificare nel 1460 dal ricco viterbese Nando Mazzatosta, qui si ammirano un ciclo di affreschi opera del pittore Lorenzo di Giacomo Lorenzo da Viterbo, morto giovanissimo, a 25 anni, che raccontano la vita della Madonna, dalla Annunciazione, alla nascita di Gesù, alla Presentazione e allo Sposalizio. La chiesa ha un chiostro in stile gotico con archi e bifore, risale alla fine del XIII secolo. Nel Museo Civico sono anche conservate due famose tele di Sebastiano dal Piombo, la Flagellazione e la Pietà, ed un’opera di Salvatore Rosa raffigurante “l’incredulità di San Tommaso”. Come tutte le chiese più antiche di Viterbo, anche la chiesa della Verità fu teatro di fatti importanti per la città. Tra essi viene ricordato un episodio: Nel 1419, all'interno delle guerre tra signori per il dominio del territorio, essendo venuta meno l'autorità pontificia, stava aumentando di importanza l'autorità di Tartaglia di Lavello, signore di Toscanella, che, insieme a Braccio di Montone aveva inferto numerose sconfitte ad Attendolo Sforza, chiamato dai Viterbesi in aiuto della città. Nel corso di queste scaramucce Braccio da Montone aveva fatto numerosi prigionieri che aveva rinchiusi sull'isola Martana del vicino lago di Bolsena. Lo Sforza che tra quei prigionieri aveva alcuni dei suoi capitani più valorosi decise di liberarli. In segreto, all'interno del convento della Verità, con l'aiuto dei frati, allestì una priccola flotta costituita da zattere e piccole imbarcazioni servendosi per la loro costruzione di botti. Trasportate le medesime nei presso del lago vi fece salire di notte un manipolo di soldati che, sbarcati sull'isola liberarono i prigionieri e li ricondussero a Viterbo.vedi Chiesa di Santa Maria della Verità. Giardino Chiara Lubich
Giardino Chiara Lubich Giardino Chiara Lubich via della Verità, entrata su via Niccolò della Tuccia, Viterbo, inaugurato il 4 giugno 2016, a Viterbo, per volontà dell'Istituto Fantappiè e del Liceo Mariano Buratti, presente il Sindaco Michelini e il Vescovo di Viterbo Fumagalli, è stato dedicato a Chiara Lubich. Il Giardino di Porta della Verità, vuole sottolineare il suo messaggio di unità tra i popoli: un messaggio di interculturalità vissuta come ricchezza nella diversità e rispetto reciproco. Questo giardino di Porta della Verità è un piccolo spazio di verde addossato alle mura di Viterbo, appena dentro le mura del centro storico della città di Viterbo, Il Dado Solidale, voluto dall’Istituto Fantappiè, che si trova a via Vetulonia, e dal Liceo Buratti su via della Verità, è un dado sulle cui facce gli studenti esprimono attraverso frasi le loro esperienze, riguardanti il tema della solidarietà, che è un valore universale. La solidarietà misura il livello di crescita etico di una società, e da vita ad una cultura condivisa per vivere in un mondo migliore. Chiara Lubich Chiara Lubich - via della Verità Chiara Lubich, vita opere storia, a lei è dedicato il giardino a via della Verità, Viterbo, la cui entrata è su via Niccolò della Tuccia. Chiara Lubich, all'anagrafe Silvia Lubich nacque a Trento, il 22 gennaio 1920 morì a Rocca di Papa, il 14 marzo 2008, è stata una mistica italiana, fondatrice del Movimento dei focolari che ha come obiettivo l'unità tra i popoli e la fraternità universale. Figura carismatica, sin dai primi anni Quaranta ha rotto stereotipi della figura femminile, portando la donna a una dimensione sociale e a un ruolo nella Chiesa cattolica allora inediti[. Divenne nota per il costante impegno a gettare ponti di pace e di unità tra persone, generazioni, ceti sociali e popoli, coinvolgendo persone di ogni età, cultura e credo ed è considerata una figura rappresentativa del dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale[, come riconosciuto dall'UNESCO che le ha conferito il Premio per l'Educazione alla pace 1996, dal Consiglio d'Europa col Premio Diritti Umani 1998 e da numerosi altri riconoscimenti a livello culturale e sociale.È entrata nella storia della spiritualità contemporanea fra i maestri e mistici per la genuina ispirazione evangelica, la dimensione di universalità e l'incidenza culturale e sociale che caratterizzano il suo carisma, la sua spiritualità, il suo pensiero e la sua opera. Chiara Lubich viene battezzata col nome di Silvia. Assume quello di Chiara quando entra nel Terz'Ordine Francescano (1942-1949). È la seconda di quattro figli. La madre, Luigia Marinconz, è fervente cattolica, il padre Luigi è socialista e convinto antifascista. Il fratello Gino milita dapprima tra i partigiani poi come giornalista nel Partito comunista, da cui si dissocerà dopo l'insurrezione ungherese del 1956. Il padre, già tipografo al quotidiano dei socialisti trentini Il Popolo diretto da Cesare Battisti, dopo la soppressione del giornale da parte del regime fascista, apre un'attività di esportazione di vini italiani in Germania, ma a causa della grande depressione economica del 1929, è costretto a chiuderla. Avendo rifiutato la tessera del Partito Nazionale Fascista, è costretto a lavori saltuari e viene perseguitato. La famiglia per anni vive di stenti. Per contribuire al bilancio familiare, sin da giovanissima, Silvia dà lezioni private. Educata dalla madre alla fede cristiana, dal padre, dal fratello Gino e dalla vita di povertà, eredita una spiccata sensibilità sociale. A 15 anni entra nelle file dell'Azione Cattolica all'interno della quale diviene presto dirigente giovanile diocesana. Alla ricerca della verità, di Dio, si appassiona alla filosofia. Appena diplomata maestra, sogna di accedere all'Università Cattolica di Milano, ma per un punto non vince il concorso per ottenere una borsa di studio. Si dedica quindi all'insegnamento in scuole elementari delle valli del Trentino (1938-39) e poi a Cognola (Trento) nella scuola dell'orfanotrofio gestito dai Frati Minori Cappuccini (1940-1943). Nell'autunno 1943 lascia l'insegnamento e si iscrive all’Università Ca' Foscari di Venezia, continuando a dare lezioni private, proseguirà gli studi sino al 1945, li dovrà interrompere per seguire il movimento nascente. Nel tempo buio di odio e violenza del secondo conflitto mondiale, mentre il dramma della Shoah rimetterà in discussione anche la comprensione di sé, del mondo e di Dio stesso, affiora in Silvia una prospettiva decisiva: la riscoperta di Dio come Amore. Avviene nell’autunno 1942. Lei stessa scrive: «Da quel momento scorgo Dio presente dappertutto col suo amore. Mi spiega che tutto è amore: ciò che sono e ció che mi succede: che sono figlia Sua e Lui mi è Padre, che il suo amore avvolge i cristiani, la Chiesa, il mondo, l’universo. La novità è balenata dinanzi alla mia mente: so chi è Dio: Dio è Amore. Tutto cambia» Come dirà papa Giovanni Paolo II, questa esperienza sarà "la scintilla ispiratrice" dell’opera a cui darà vita in seguito. Il 2 settembre 1943 un primo bombardamento delle forze anglo-americane coglie di sorpresa Trento, sino ad allora risparmiata dalla guerra. 91 bombardieri scaricano 218 tonnellate di bombe. Nei giorni seguenti, a seguito dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati, il territorio trentino viene occupato dalle forze naziste e annesso al Terzo Reich. Il fratello Gino entra tra le file partigiane comuniste che combattevano il regime nazifascista. Nell'estate del '44 verrà arrestato, torturato e condannato a morte a cui poi riuscirà a sfuggire. Per Chiara si apre un'altra scelta. L'infrangersi di ogni sicurezza e prospettiva di futuro sono una forte lezione. Il 7 dicembre, nella cappella del collegio dei Frati Minori Cappuccini, dona per sempre la sua vita a Dio con il voto di castità. Quell'atto «personale e segreto» sarà considerato l'inizio del Movimento dei focolari. La guerra semina distruzione, fame e miseria. Chiara con le sue prime compagne si dedica ai più poveri di Trento, condividendo con loro quel poco che hanno. Per il coinvolgimento di un numero crescente di persone, arrivano con insolita abbondanza viveri, vestiario e medicinali. La loro azione mira a risolvere il problema sociale di Trento. Nel 1947 prende forma il piano "Fraternità in atto". Nel febbraio 1948, in un editoriale firmato Silvia Lubich apparso su L'Amico Serafico, il periodico dei Padri Cappuccini, Chiara lancia a più ampio raggio la comunione dei beni sull'esempio dei primi cristiani. Dopo pochi mesi ne sono coinvolte oltre 500 persone. Il 13 maggio 1944 la città di Trento è colpita da uno dei bombardamenti più devastanti. Anche la casa di Chiara è sinistrata e inagibile. I suoi famigliari sfollano in montagna, ma lei sceglie di restare in città per sostenere il primo gruppo di giovani che condividono le sue scelte. L'incontro con una donna che aveva perso 4 figli sotto i bombardamenti, è per lei la chiamata ad abbracciare il dolore dell'umanità[30]. Qualche mese dopo le viene offerto un piccolo appartamento in piazza Cappuccini 2, dove va ad abitare con alcune compagne. Si compone così una piccola e originale comunità che assumerà il nome di "focolare", appellativo assegnato in seguito da quanti avevano sperimentato il "fuoco" dell'amore evangelico che ardeva in quel gruppo di ragazze. Il "focolare" diventa la prima articolazione del Movimento nascente, e ne costituirà il "cuore", l'asse portante. Nell'autunno 1948 un giovane operaio, Marco Tecilla, e un commerciante, Livio Fauri, decidono di seguire la strada aperta da Chiara dando inizio in un modestissimo locale al primo focolare maschile. E nel 1953, il "focolare" acquisterà la sua forma "definitiva" quando diverranno parte integrante di esso anche persone sposate, primo fra tutti, Igino Giordani. La comunità che nasce a Trento, oltre vent'anni prima del Concilio Vaticano II, presentava molte novità. Come attestano le biografie, dal 1945, nei confronti di questa "nuova comunità" iniziano a serpeggiare critiche, incomprensioni, accuse. "Non era comune che protagoniste di una nuova realtà nella Chiesa fossero giovani donne. Tantopiù che ben presto vi sono coinvolti anche giovani (1948), sacerdoti e religiosi". Vivere il Vangelo e comunicarsi le esperienze, mettere in comune i pochi beni e fare dell'unità il loro ideale, suscitava sospetti di protestantesimo o di una forma di comunismo. La radicalità nel vivere il Vangelo attirava poi l'accusa di fanatismo e la parola "Amore", allora non consueta in ambito cattolico, si prestava a essere equivocato. Il 1º maggio 1947 approva lo "Statuto dei Focolari della Carità – Apostoli dell'unità". Nel marzo 1949, un decreto del dicastero vaticano per i religiosi (Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica), sancisce la distinzione dei Focolari della Carità dal Terz'Ordine dei Cappuccini. Nel 1951 il Sant'Uffizio, (Congregazione per la dottrina della fede) inizia un lungo studio e una serie di confronti con la giovane fondatrice. Nel febbraio 1952 viene chiesto a Chiara di dimettersi dalla guida del Movimento per mettere alla prova se l'Opera da lei fondata venga da Dio o sia opera sua e per misurarne la fedeltà alla Chiesa. Così per 12 anni, nei quali più volte l'opera da lei fondata rischia la soppressione, salvata prima da Papa Pio XII, poi da Giovanni XXIII quando, nel 1962 ne dà una prima approvazione ad esperimentum, fino al 1965, quando Paolo VI la riconosce pubblicamente fondatrice e presidente del Movimento dei focolari. Vent’anni dopo, il 19.8.1984, Giovanni Paolo II riconosce in lei la presenza di un carisma, di “un radicalismo dell’amore”. Nel settembre dell’anno seguente il Papa sancisce che anche in futuro quest’Opera, caratterizzata da uno spiccato timbro laicale, pur comprendendo sacerdoti, religiosi e vescovi, sarà sempre guidata da una donna.In quello stesso anno è nominata consultrice del Pontificio Consiglio per i laici e partecipa come uditrice al Sinodo straordinario a 20 anni dal Concilio Vaticano II. Nel 1987 interviene al Sinodo sulla vocazione e missione dei laici. Nel 1990 vengono approvati gli Statuti che definiscono la composita fisionomia dell'intero Movimento. Nel 1994, 1998 e 2007 vengono apportati ulteriori aggiornamenti. All'inizio di febbraio 2008 viene ricoverata al Policlinico Gemelli, a Roma, per una grave insufficienza respiratoria. Durante la degenza, le fa visita il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e riceve una lettera di papa Benedetto XVI. Il 13 marzo 2008, non essendovi più nessuna possibilità di intervento da parte dei medici, ottiene di essere dimessa. Si spegne il giorno dopo, 14 marzo, nella sua casa di Rocca di Papa, all'età di 88 anni. Le esequie sono celebrate a Roma il 18 marzo nella Basilica di San Paolo fuori le mura, presiedute dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Viene letto un nuovo messaggio di Papa Ratzinger. Vi partecipano migliaia di persone, numerosi cardinali e vescovi, personalità civili e religiose, sia della Chiesa cattolica che delle diverse Chiese cristiane, e rappresentanti di altre religioni, che hanno dato la loro pubblica testimonianza.Il 27 gennaio 2015, nella cattedrale di Frascati, ha avuto luogo l'apertura della sua Causa di canonizzazione con un messaggio di papa Francesco che ne evidenziava le motivazioni: «far conoscere la vita e le opere di colei che, accogliendo l'invito del Signore, ha acceso per la Chiesa una nuova luce sul cammino verso l'unità» Nasone Giardino Porta Verità Nasone al Giardino di porta della Verità intitolato a Chiara Lubich, si trova sul lato destro appena entrati, nei pressi della cinta muraria. Come arrivare a via Niccolò della Tuccia Viterbo Colle della Crocetta - Colle Santa Rosa Fotografie Via Niccolò della Tuccia Viterbo centro storico Via Niccolò della Tuccia, Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Via Niccolò della Tuccia, Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Vie di Viterbo centro Via Niccolò della Tuccia, Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Vie di Viterbo centro Via Niccolò della Tuccia, Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Vie di Viterbo centro Via Niccolò della Tuccia, Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Vie di Viterbo centro Via Niccolò della Tuccia, Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Vie di Viterbo centro Niccolò della Tuccia Viterbo Niccolò della Tuccia, Viterbo, info foto Anna Zelli Famiglie nobili personaggi illustri di Viterbo Porta della Verità via della Verità Viterbo Porta della Verità - via della Verità - Porte Storiche di Viterbo Chiesa Santa Maria della Verità Viterb Chiesa Santa Maria della Verità - Chiese di Viterbo centro
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